legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblicialla regola secondo cui in assenza di una domanda di partecipazione non si configurerebbe alcuna legittimazione a ricorrere per carenza di un interesse differenziato legittimante può derogarsi soltanto in tre tassative ipotesi, ed ossia, allorché: 1) si contesti in radice l’indizione della gara; 2) al contrario, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; 3) oppure, si impugnino direttamente le clausole del bando assumendone la portata immediatamente escludente. Legittimanti, infatti, l’impugnazione immediata di un bando pur in assenza di una domanda di partecipazione e di un eventuale provvedimento di esclusione, in quando di carattere escludente e quindi direttamente lesive,

Cons. St., Sez. VII, 28.12.2022, n. 11519

“…2.4. Il Consiglio di Stato osserva che in relazione all’affidamento dei contratti pubblici gli interessi legittimi degli operatori economici rilevanti sono, in genere, di tipo pretensivo, in quanto tendenti al conseguimento del bene della vita anelato coincidente con la stipula del contratto per il quale l’Amministrazione competente indice una certa procedura selettiva. Di conseguenza, l’interesse legittimante l’impugnazione degli atti di gara è, di regola, quello, chiaramente pretensivo, all’aggiudicazione, nell’ottica della futura stipula del contratto per il cui affidamento è stata bandita la procedura competitiva nel rispetto, tra l’altro, della par condicio tra i concorrenti.

Il che implica il riconoscimento di un interesse qualificato (in quanto tutelato dall’ordinamento giuridico nazionale ed Eurounitario) e differenziato (in ragione della palesata aspirazione individuale all’affidamento del contratto pubblico in questione) nei confronti di quanti abbiano, in concreto, partecipato alla gara, difendendo, per tutta la durata della procedura, il proprio interesse a vincere.

2.5. In tal senso depone quanto previsto dall’art.2 bis par. 2 della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 11 dicembre 2007 n.66, secondo cui “Gli offerenti sono considerati interessati se non sono già stati definitivamente esclusi. L’esclusione è definitiva se è stata comunicata agli offerenti interessati e se è stata ritenuta legittima da un organo di ricorso indipendente o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso”.

Donde, la conclusione secondo cui per soggetto interessato, come tale legittimato ad impugnare gli atti della procedura, deve intendersi esclusivamente colui il quale sia un partecipante alla gara non definitivamente escluso, ossia non attinto da un provvedimento di esclusione non più impugnabile. L’esclusione definitiva, infatti, incide sull’interesse a contestare l’esito di una gara, poiché pregiudica l’aspirazione a stipulare il contratto pubblico in affidamento ed implica la considerazione del candidato escluso alla stessa stregua di un mero operatore economico che non abbia mai partecipato alla procedura competitiva indetta dall’Ente aggiudicatore, con conseguente venir meno della legittimazione a ricorrere per carenza di titolarità di una posizione qualificata e differenziata.

2.5.1. In tal senso sono particolarmente indicativi i rapporti tra l’esclusione e l’aggiudicazione, come ormai da tempo definiti dalla giurisprudenza, sulla base di un consolidato orientamento per il quale l’operatore economico che abbia presentato offerta e sia stato escluso dalla gara è legittimato ad impugnare gli atti successivi alla sua esclusione, ivi compresa l’aggiudicazione, fino a quando il provvedimento di esclusione non sia divenuto definitivo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 agosto 2020, n. 5036; III, 29 maggio 2020, n. 3401; V, 9 luglio 2019, n. 4787; V, 18 ottobre 2018, n. 5958; V, 21 giugno 2017, n. 3029).

2.5.2. L’indirizzo è, peraltro, conforme ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza 21 dicembre 2016 nella causa C-355/15 Bietergemeinschaft Tchnische Gebaudedetreuung Gesmbh un Caverion Osterreich, secondo cui la direttiva 89/655/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 (che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e lavori) non può essere interpretata nel senso che osta a che a un concorrente sia negata la possibilità di ricorrere avverso la decisione di aggiudicazione dell’appalto qualora sia un offerente definitivamente escluso dalla procedura con una decisione dell’amministrazione aggiudicatrice divenuta definitiva.

In seguito, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza 11 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus è tornata sull’argomento riconoscendo che, in presenza di un ricorso proposto da un’impresa esclusa dalla stazione appaltante che ha impugnato la propria esclusione e l’aggiudicazione all’impresa concorrente, sussiste la legittimazione ad impugnare anche l’altrui aggiudicazione perché non può considerarsi definitiva l’esclusione, non essendo ancora confermata con sentenza passata in giudicato (principi ribaditi nella sentenza 5 settembre 2019, nella causa C-333/18 Lombardi s.r.l.).

2.5.3. Inoltre, si è chiarito, in ambito nazionale, che nel caso di proposizione del ricorso avverso la propria esclusione, l’impresa concorrente è soggetto non definitivamente escluso dalla procedura per tutta la durata del giudizio poiché tale condizione dipende dall’esito dello stesso, e, comunque, fino al passaggio in giudicato della sentenza che abbia respinto il ricorso (cfr Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7386).

2.6. Se, dunque, l’esclusione non impugnabile preclude qualsivoglia legittimazione a contestare gli atti di gara, in ragione della carenza di interesse rispetto al prosieguo ed all’esito della procedura desumibile dall’accettazione dell’estromissione decisa nei propri confronti dall’Ente aggiudicatore, alle medesime conclusioni deve pervenirsi, a maggior ragione, allorché una domanda di partecipazione non sia stata nemmeno presentata, paventandosi, così, sin dal tempo del bando, un disinteresse non più suscettibile di successivo ripensamento, in ossequio ai principi nazionali e sovranazionali di certezza dei rapporti di diritto pubblico e di celerità delle procedure selettive dei contraenti cui affidare i contratti pubblici.

Se, quindi, intendeva ottenere l’affidamento del servizio in questione, l’appellante era tenuta a partecipare alla relativa gara, anche se riteneva inadeguati, perché troppo generici, i requisiti di partecipazione previsti nel bando, tanto più considerato che la propria specializzazione vantata nel settore sarebbe stata verosimilmente apprezzata dall’Amministrazione.

2.7. In tal senso, sono inequivocabilmente indicativi i principi espressi dall’Ad. Plen. n. 4 del 26 aprile 2018 e con i quali è stato «ribadito il consolidato orientamento secondo il quale l’operatore del settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando di gara che non rivestano nei suoi confronti portata escludente, precludendogli con certezza la possibilità di partecipazione», non sussistendo ragioni«per mutare orientamento, tenuto conto che:

a) la presentazione di una domanda di partecipazione alla gara non sembra imporre all’operatore del settore alcuno spropositato sacrificio;

b) in alcun modo la detta domanda di partecipazione può pregiudicare sul piano processuale il medesimo, tenuto conto della granitica giurisprudenza secondo cui (si veda ancora di recente Consiglio di Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sez. V, 22 novembre 2017, n. 5438) “nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale”;

c) la situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, è ricollegabile unicamente alla partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: la procedura cui non si sia partecipato è res inter alios acta e non legittima l’operatore economico ad insorgere avverso la medesima (Adunanza plenaria 7 aprile 2011, n. 4, Adunanza plenaria 25 febbraio 2014, n. 9)».

2.7.1. Secondo quanto, dunque, affermato dal Consiglio di Stato, legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblici

Ed invero, alla regola secondo cui in assenza di una domanda di partecipazione non si configurerebbe alcuna legittimazione a ricorrere per carenza di un interesse differenziato legittimante può derogarsi soltanto in tre tassative ipotesi, ed ossia, allorché: 1) si contesti in radice l’indizione della gara; 2) al contrario, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; 3) oppure, si impugnino direttamente le clausole del bando assumendone la portata immediatamente escludente. Legittimanti, infatti, l’impugnazione immediata di un bando pur in assenza di una domanda di partecipazione e di un eventuale provvedimento di esclusione, in quando di carattere escludente e quindi direttamente lesive, possono essere, secondo un’elencazione meramente esemplificativa e non esaustiva della possibile casistica:

a) le clausole impositive di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati ai fini della partecipazione;

b) le regole procedurali che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen. n. 3 del 2001);

c) le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara oppure prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003, n. 980);

d) le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e non conveniente (Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293);

e) le clausole impositive di obblighi contra ius;

f) le gravi carenze nei bandi in punto di indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta oppure le clausole contemplanti formule matematiche del tutto errate;

g) l’omessa indicazione nel bando dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).

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