Massima Sentenza

“…nel nostro ordinamento vige la regola della facoltatività dell’esercizio del potere di autotutela. Rientra, infatti, nel solo ambito di scelta dell’amministrazione la decisione di procedere o meno in via di autotutela, a prescindere da istanze in tal senso formulate da soggetti eventualmente interessati. Tali ultime istanze hanno una portata meramente sollecitatoria e sono inidonee ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, proprio per la natura officiosa e discrezionale, soprattutto nell’an, del potere di autotutelaL’autotutela non è, dunque, mai doverosa, “salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e i casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia” in cui è imposto all’amministrazione di agire in autotutela (c.d. autotutela doverosa, in tal senso, Consiglio di Stato sez. VI, 06/04/2022, n. 2564). Ebbene, nella specie, non si rientra né in un caso normativamente previsto (cfr. a titolo esemplificativo, l’art. 6, comma 17, della lg. n. 127 del 1997, recante l’obbligo per gli enti locali di autoannullare provvedimenti di inquadramento del personale illegittimi), né in un caso particolare di conclamata esigenza di giustizia che giustifica l’esistenza di un obbligo di esame dell’istanza di autotutela. Tali ultimi casi sono ipotesi del tutto peculiari ed eccezionali che giustificano la non operatività – in tali specifici casi – del generale principio dell’insussistenza di un obbligo di provvedere sulla domanda di ritiro in autotutela di un precedente provvedimento adottato dall’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 183/2020).

TAR Puglia Lecce, Sez. II, 11.10.2024, n.1084


L’autotutela non è mai doverosa, “salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e i casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia” in cui è imposto all’amministrazione di agire in autotutela .

Com’è noto, nel nostro ordinamento vige la regola della facoltatività dell’esercizio del potere di autotutela. Rientra, infatti, nel solo ambito di scelta dell’amministrazione la decisione di procedere o meno in via di autotutela, a prescindere da istanze in tal senso formulate da soggetti eventualmente interessati.

Tali ultime istanze hanno una portata meramente sollecitatoria e sono inidonee ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, proprio per la natura officiosa e discrezionale, soprattutto nell’an, del potere di autotutela, con la conseguente inutilizzabilità del rimedio processuale previsto avverso il silenzio inadempimento della pubblica amministrazione (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 22 marzo 2023, n. 2911, sez. V, 19 aprile 2018, n. 2380; IV, 7 giugno 2017, n. 2751). Questo principio trova non solo conferma testuale nella lettera dell’art. 21-nonies della l. n. 241/1990 che prefigura l’iniziativa di annullamento dell’atto in termini di mera “possibilità”, ma si giustifica alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, non tempestivamente contestati (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2019, sent. n. 6420).

L’autotutela non è, dunque, mai doverosa, “salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e i casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia” in cui è imposto all’amministrazione di agire in autotutela (c.d. autotutela doverosa, in tal senso, Consiglio di Stato sez. VI, 06/04/2022, n. 2564).

Ebbene, nella specie, non si rientra né in un caso normativamente previsto (cfr. a titolo esemplificativo, l’art. 6, comma 17, della lg. n. 127 del 1997, recante l’obbligo per gli enti locali di autoannullare provvedimenti di inquadramento del personale illegittimi), né in un caso particolare di conclamata esigenza di giustizia che giustifica l’esistenza di un obbligo di esame dell’istanza di autotutela. Tali ultimi casi sono ipotesi del tutto peculiari ed eccezionali che giustificano la non operatività - in tali specifici casi – del generale principio dell’insussistenza di un obbligo di provvedere sulla domanda di ritiro in autotutela di un precedente provvedimento adottato dall’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 183/2020).

È evidente, quindi, come la violazione – denunciata dalla ricorrente – dei principi di buona fede e correttezza, che pervadono oramai i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (cfr. art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990), possa al più determinare l’accertamento di una responsabilità in capo alla stazione appaltante, ma non certo un dovere di esercizio del potere di autotutela con riguardo agli atti di gara…”

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