Massima Sentenza

“..L’Amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita su un’istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela (che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico) e che il potere di autotutela è incoercibile dall’esterno attraverso l’istituto del silenzio-inadempimento ai sensi dell’art. 117 c.p.a. (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2015, n. 2237; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; 7 luglio 2014, n. 3426; 24 settembre 2013, n. 4714; 22 gennaio 2013, n. 355; sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; sez. VI, 9 luglio 2013, n. 3634) salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia…

Cons. St., Sez. III, 12.06.2025, n.5088


L’Amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita su un’istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela.

“..19. In quanto tale, il provvedimento di secondo grado è espressione di un potere eminentemente discrezionale e non coercibile, non sussistendo alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante l’istituto del silenzio-rifiuto (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 4 novembre 2020, n. 6809).

Ciò discende dalla inconfigurabilità di un obbligo della p.a. di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale - soprattutto nell’an - del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente (Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2020, n. 4405). La proposizione dell’esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici; questo principio trova non solo conferma testuale nella lettera dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 che prefigura l’iniziativa di annullamento dell’atto in termini di mera “possibilità”, ma si giustifica, alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, non tempestivamente contestati (Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2019, n. 6420).

20. Va quindi ribadito l’insegnamento secondo cui, per consolidata giurisprudenza, l’Amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita su un’istanza diretta a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela (che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico) e che il potere di autotutela è incoercibile dall’esterno attraverso l’istituto del silenzio-inadempimento ai sensi dell’art. 117 c.p.a. (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2015, n. 2237; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; 7 luglio 2014, n. 3426; 24 settembre 2013, n. 4714; 22 gennaio 2013, n. 355; sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; sez. VI, 9 luglio 2013, n. 3634) salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia.

21. Nella specifica materia dei contratti pubblici, poi, le uniche ipotesi di “autotutela pubblicistica doverosa”, operanti a valle della stipula del contratto, nelle quali lo scioglimento del sinallagma è imposto dalla legge, sono quelle previste dagli artt. 122, co. 2, del d.lgs. n. 36/2023 e 88, co. 4 ter, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10, in relazione all’analoga disciplina prevista dall’art. 108, c. 2, del d.lgs. n. 50/2016); in tutti gli altri casi, in cui accade che un vizio della fase pubblicistica riaffiori dopo il perfezionamento del contratto, si riespande pertanto il potere dell’Amministrazione, tipicamente discrezionale, di valutare l’intervento in autotutela alle condizioni previste dall’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

22. Va parimenti ribadito l’insegnamento consolidato della giurisprudenza del giudice amministrativo che afferma l’inammissibilità del ricorso diretto ad impugnare un provvedimento recante diniego di autotutela relativamente ad un provvedimento amministrativo non impugnato nei termini (Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2011, n. 822; Sez. III, 12 maggio 2011, n. 2842).

Si è infatti affermato che il concorrente non aggiudicatario di una pubblica gara che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il sollecito del potere di autotutela dell’amministrazione e la successiva impugnazione dell’eventuale diniego. Diversamente, con la richiesta di un intervento in autotutela si finirebbe per eludere il sistema dei termini decadenziali e l’esigenza di una celere definizione della lite, propria della normativa sulle gare pubbliche (in termini, Consiglio Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2554).

23. Ne consegue che, avendo l’odierna appellata fatto spirare il termine decadenziale, il gravame si profila come un estremo tentativo di mettere in discussione determinazioni amministrative divenute ormai inoppugnabili e di riaprire il termine di decadenza dell’azione annullatoria, attraverso l’impugnazione del provvedimento con il quale l’Amministrazione, compulsata ad agire in via di autotutela, ha denegato l’esercizio di siffatto potere con una motivazione, oltretutto, immune dalle censure prospettate dall’originaria ricorrente…”

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