La stazione appaltante può disapplicare le prescrizioni contenute nella lex specialis?

La stazione appaltante può disapplicare le prescrizioni contenute nella lex specialis?

Massima Sentenza

“…L’Amministrazione, al di fuori del perimetro delle disposizioni di legge, è libera di introdurre criteri anche diversi e più selettivi rispetto a quelli previsti in via generale, pur essendo vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza alle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’adozione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare offerta idonea … ben potendo utilizzare regole di gara che, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità in materia … garantiscano il perseguimento dell’obiettivo di fornire apparecchiature (o servizi) nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (sui limiti all’inserimento di requisiti tecnico-professionali dell’impresa…E tuttavia, una volta individuate le disposizioni che disciplinano la procedura, la stazione appaltante deve attenersi alle regole che essa stessa si è data, secondo il principio dell’autovincolo, atteso che risulta “in effetti da tempo pacifica in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, A.P., 5 settembre 2005, n. 6; Cass., SS.UU., 12 maggio 2008, n. 11656) l’applicazione anche ai soggetti pubblici – sia nell’ambito di trattative negoziali condotte senza procedura di evidenza pubblica, sia nell’ambito di vere e proprie procedure di gara – dell’obbligo di improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza sancito nell’art. 1337 c.c..”…”

Cons. St., Sez. III, 10.11.2025, n.8693


Una volta individuate le disposizioni che disciplinano la procedura, la stazione appaltante deve attenersi alle regole che essa stessa si è data, secondo il principio dell’autovincolo

“…Tenendo conto che “attraverso il requisito di capacità tecnica – professionale, la stazione appaltante mira ad accertare non già la solidità economica dell’impresa, ma la sua idoneità tecnica ed organizzativa ai fini dell’esecuzione dell’appalto, la quale può essere desunta da precedenti esperienze che consentono di fare affidamento sulla capacità dell’imprenditore di svolgere la prestazione richiesta” (Consiglio di Stato, Sezione V, 11 settembre 2025, n. 7281), la già chiara indicazione del requisito esperienziale richiesto nelle regole di gara è stata ribadita in più occasioni dalla stessa Asl in sede di risposte fornite alle imprese che chiedevano chiarimenti sui servizi che dovevano intendersi identici o analoghi per partecipare alla procedura di evidenza pubblica. 

In altre parole, la stazione appaltante si è autovincolata all’applicazione di precise regole per poter selezionare la migliore offerta, individuando così il punto di equilibrio tra il principio del favor partecipatonis e quello della par condicio, così da evitare che l’applicazione del primo possa compromettere o obliterare il secondo.

La giurisprudenza ha stabilito che l’Amministrazione, al di fuori del perimetro delle disposizioni di legge, è libera di introdurre criteri anche diversi e più selettivi rispetto a quelli previsti in via generale, pur essendo vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza alle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’adozione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare offerta idonea (Consiglio di Stato, Sezione III, 13 dicembre 2022, n. 10932), ben potendo utilizzare regole di gara che, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità in materia (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 luglio 2023, n. 7111), garantiscano il perseguimento dell’obiettivo di fornire apparecchiature (o servizi) nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all'oggetto di gara (sui limiti all’inserimento di requisiti tecnico-professionali dell’impresa, cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 12 luglio 2023, n. 6826; Sezione V, 8 agosto 2023, n.7649).

E tuttavia, una volta individuate le disposizioni che disciplinano la procedura, la stazione appaltante deve attenersi alle regole che essa stessa si è data, secondo il principio dell’autovincolo, atteso che risulta “in effetti da tempo pacifica in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, A.P., 5 settembre 2005, n. 6; Cass., SS.UU., 12 maggio 2008, n. 11656) l'applicazione anche ai soggetti pubblici - sia nell'ambito di trattative negoziali condotte senza procedura di evidenza pubblica, sia nell'ambito di vere e proprie procedure di gara - dell'obbligo di improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza sancito nell'art. 1337 c.c..” (per tutte, Consiglio di Stato, Sezione II 20 novembre 2020, n. 7237; sul punto, cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 25 luglio 2023, n. 7293).

17. Nella prospettiva delineata dalla giurisprudenza, ritiene il Collegio che nella fattispecie in esame non sussistessero dubbi che il requisito da dimostrare consistesse nella prova di aver eseguito nel triennio precedente la gara servizi identici presso RSA o analoghi presso Suap, Hospice o SSP, proprio in considerazione della natura e delle caratteristiche degli ospiti della struttura, ai quali deve essere garantita la miglior assistenza possibile, tenuto conto delle loro patologie e difficoltà.

Le regole della lex specialis in questione, neppure impugnate in via incidentale dalla controinteressata nell’interpretazione che invoca l’appellante, risultano, da un lato, ragionevoli e condivisibili proprio tenendo conto del perseguimento del superiore interesse pubblico all’erogazione corretta e completa del servizio di assistenza che la stessa ASL si prefigge di raggiungere e, dall’altro, confermate dalla stessa stazione appaltante in occasione dei numerosi chiarimenti dati prima della scadenza per la presentazione delle offerte, che non modificano ma integrano la disciplina di gara e non sono, perciò, da ritenersi in alcun modo inammissibili.

18. In questo quadro di riferimento, risultano fondati i primi tre motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di economia processuale.

Fermo restando in linea teorica che la giurisprudenza ha ammesso che “è legittima una clausola di un bando di gara relativo ad un appalto di servizi che richieda alle imprese servizi uguali, piuttosto che analoghi; in materia è ampia la discrezionalità della quale godono le stazioni appaltanti nell’individuazione dei requisiti speciali di partecipazione purché (art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016) attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi” (Consiglio di Stato, Sezione V, 30 settembre 2025, n. 7627), l’offerente deve conformarsi al principio dell’autoresponsabilità (Consiglio di Stato, Sezione V, 12 febbraio 2024, n. 1372) non essendo consentito “il soccorso istruttorio attivato non tanto per integrare e chiarire la documentazione prodotta a comprova della dichiarazione, ma per rettificare il contenuto della dichiarazione medesima nella sua integralità” (Consiglio di Staro, Sezione V, 22 febbraio 2021, n. 1540).

Vero è che la giurisprudenza ha distinto tra servizi identici e analoghi, precisando che i secondi non devono corrispondere totalmente a quello oggetto di gara, potendo avvicinarsi ad esso, nel senso, cioè, che “la corretta interpretazione del bando da parte dell’Amministrazione è confermata dall’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia che ha avuto modo di chiarire come il concetto di “servizi analoghi” vada inteso non come identità ma come mera similitudine tra le prestazioni richieste:

– «Per “servizi “analoghi” non si intende servizi “identici”, essendo necessario ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti» (Cons. Stato, sez. IV, 11 maggio 2020, n. 2953) (Consiglio di Stato, Sezione IV, 14 luglio 2025, n. 6140).

Nel caso in esame, tuttavia, non residua alcun dubbio che la stazione appaltante avesse richiesto la prova di aver svolto servizi identici o, quantomeno, analoghi a quello oggetto di gara.


























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