Massima Sentenza
“…presupposto del giudizio di equivalenza ex art. 11 comma 4, ultimo periodo, D.lgs. 63/2023, è proprio la (fisiologica) eterogeneità degli strumenti contrattuali, laddove oggetto di scrutinio è la tollerabilità (o meno) dei reciproci scostamenti (economici e normativi) alla luce della ratio di tutela del personale impiegato innanzi descritta (vd. par. 7.2. e 7.2.1. i)), ponendosi il CCNL indicato negli atti di gara (nel nostro caso, il CCNL Metalmeccanici Industria), come limite inderogabile di tutela economica e normativa dei lavoratori; non è un caso che l’attuale disciplina del giudizio di equivalenza ex art. 11, comma 4, D.lgs. 63/2023 (successiva alle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 209 del 31 dicembre 2024) integrata con il rinvio ai nuovi parametri di cui all’ all. I.01 (comma 4) indichi come soglia (facoltativa) di equivalenza, “il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua di cui al comma 2” (per le tutela economiche) e lo scostamento marginale “rispetto ai parametri di cui al comma 3” (per le tutele normative), in tal modo delineando un giudizio che, partendo dalle differenze, ne valuta globalmente l’incidenza sui lavoratori, in un’ottica di bilanciamento della libertà di iniziativa economica dell’impresa con la tutela del personale impiegato (per comodità si riporta, per intero, il testo dell’all. I.01 nella parte qui di rilievo: “4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua di cui al comma 2 risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri di cui al comma 3 sono marginali...”
TAR Campania Napoli, Sez. IV, 30.10.2025, n.7073
La (fisiologica) eterogeneità degli strumenti contrattuali, laddove oggetto di scrutinio è la tollerabilità (o meno) dei reciproci scostamenti (economici e normativi) alla luce della ratio di tutela del personale impiegato.
“…7.1. – In tali termini sintetizzato il thema decidendum e principiando dall’esame del primo motivo di ricorso (1), ritiene il Collegio doversi brevemente riepilogare il quadro normativo di riferimento relativo al cd. “giudizio di equivalenza” ex art. 11 D.lgs. 36/2023 nella versione ratione temporis applicabile, anteriore alle modifiche introdotte dal “correttivo” di cui al D.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, essendo stata la procedura bandita prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo testo normativo (cfr., T.A.R. Toscana Firenze, Sez. IV, Sent., (data ud. 23/09/2025) 06/10/2025, n. 1584).
7.2. – Orbene, l’art. 11, D.lgs. 36/2023 ai commi 1, 2, 3 e 4 prevede che “1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente. 2. Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, in conformità al comma 1. 3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente. 4. Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110”.
7.2.1. - Così riepilogate, le norme in esame prevedono: a) l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di indicare negli atti di gara il contratto collettivo applicabile al personale dipendente dell’appalto (comma 2); b) la facoltà, per l’operatore economico, di avvalersi di un diverso contratto collettivo (comma 3), producendo apposita dichiarazione di equivalenza – dal punto di vista delle tutele normative ed economiche – dello strumento proposto rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante (comma 4, prima parte); c) un doveroso subprocedimento per la verifica, proprio per il caso di divergenza tra il CCNL proposto dall’operatore e quello indicato negli atti di gara, dell’effettiva equivalenza dei due contratti, secondo i parametri del giudizio di anomalia dell’offerta ex art. 110 D.lgs. 36/2023 (comma 4, ultimo periodo).
Per come di recente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, il sistema ora delineato – da ultimo confermato ed implementato dal D.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209 – costituisce “il più importante tratto di novità […] rispetto alla disciplina previgente e agli orientamenti giurisprudenziali formatisi sotto il vigore del D. Lgs. n. 50 del 2016, secondo i quali l’applicazione di un determinato contratto collettivo non poteva essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti, rientrando tale scelta nella piena libertà negoziale delle parti, mentre la mancata applicazione del contratto collettivo individuato dall’amministrazione poteva rilevare sul piano della valutazione dell’offerta presentata, potendo costituire, al più, indice d’inaffidabilità della futura corretta esecuzione del contratto e circostanza eventualmente idonea a determinare un’ipotesi di anomalia dell’offerta, con conseguente possibile esclusione dalla procedura di gara. Con il nuovo Codice [D.lgs. 36/2023] tale spazio di libertà imprenditoriale e negoziale viene alquanto ristretto, a fronte di una maggiore protezione dei lavoratori e al fine di scongiurare un allineamento al ribasso delle tutele loro erogate. In particolare, l’impegno a rispettare, in fase esecutiva, il complesso delle condizioni contrattuali minime, di ordine economico e normativo, stabilite dal CCNL necessariamente indicato dalla Stazione appaltante nel bando di gara, assurge a requisito necessario dell’offerta (sul punto si veda l’art. 57 del Codice), di cui, pertanto, il singolo operatore economico dovrà tenere conto già nella fase di redazione della propria proposta contrattuale e che la stazione appaltante, in un’ottica acceleratoria e di semplificazione, sarà tenuta a verificare prima dell’aggiudicazione, senza attendere l’eventuale fase di verifica dell’anomalia dell’offerta presentata. Da ciò derivandone la possibilità per la stazione appaltante di escludere l’operatore economico che abbia indicato nella propria offerta un contratto collettivo diverso da quello indicato dall’amministrazione, laddove l’equipollenza affermata non sia effettivamente riscontrabile […] In altre parole, l’impresa resta libera di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento della sua attività imprenditoriale e resta anche libera di non adottare quel determinato CCNL scelto dalla stazione appaltante, dimostrando che le tutele da essa fornite sono equivalenti, assoggettandosi, in tal caso, ad una verifica più puntuale e alla possibile esclusione dalla procedura; senza che tale sistema presenti profili di attrito con i citati principi costituzionali. In conclusione, le imprese che partecipano ad una gara per un appalto pubblico ovvero per la concessione di un pubblico servizio possono liberamente concorrere, ma non possono utilizzare come fattore competitivo il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori, che deve essere complessivamente equivalente al minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro individuato dalla stazione appaltante e che, pertanto, rappresenta un limite inderogabile nell’elaborazione delle strategie competitive” (cfr., T.A.R. Toscana Firenze, Sez. IV, Sent., (data ud. 23/09/2025) 06/10/2025, n. 1584).
7.2.2. - Tanto sin qui chiarito e per quanto qui di interesse, il giudizio di equivalenza supra menzionato (par. 7.2.1., lett. c)) e previsto dall’art. 11 comma 4, ultima parte, D.lgs. 36/2023:
- i) verte all’attento raffronto del regime economico e normativo (le tutele) previste dai due contratti (quello proposto dall’operatore e quello indicato dalla stazione appaltante negli atti di gara), onde verificarne, pur nelle loro differenze, la loro sostanziale assimilabilità, secondo una ratio tesa ad evitare che la scelta, da parte dell’ operatore economico, di uno strumento contrattuale diverso da quello indicato dalla parte pubblica, per quanto in astratto lecita ex art. 41 Cost., possa tradursi in concreto, in un pregiudizio per il personale impiegato nella commessa pubblica («… se, da un lato, mediante l’istituto in esame [scelta di CCNL diverso rispetto a quello indicato dalla S.A. ex art. 11, comma 3, D.lgs. 36/2023] il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. (con la conseguenza che la norma in esame non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione – v. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, ord. 12.03.2024, n. 89), dall’altra tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico” (cfr., TAR Lombardia, Milano, Sez. VI, 30.1.2025, n. 296);
– ii) inoltre, al pari della verifica dell’anomalia, della quale sposa i parametri di globalità e sinteticità a mezzo dell’espresso richiamo all’art. 110 del medesimo D.lgs. 36/2023, è “espressione della discrezionalità tecnica di cui la stazione appaltante è titolare nella cura del pubblico interesse affidatole dalla legge e, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente affetta da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti” (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, 18/04/2025, n. 689) sicché “compito del Collegio è quello di valutare se l’attività istruttoria condotta dal RUP sia complessivamente corretta e se il risultato al quale egli è pervenuto non sia irragionevole, illogico o viziato da travisamento dei fatti” (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II bis, Sent., (data ud. 07/05/2025) 18/06/2025, n. 12007, per cui, più estensivamente: “l’art. 11 del D.Lgs. n. 36 del 2023 prevede che il RUP debba procedere a verificare la dichiarazione di equivalenza delle tutele “con le modalità di cui all’articolo 110”, cioè, quelle previste per la verifica dell’anomalia dell’offerta. Ne consegue, che possono applicarsi all’attività di verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele i principi che la giurisprudenza amministrativa ha formulato con riferimento all’attività di verifica di anomalia dell’offerta. È necessario dunque partire da alcune acquisizioni giurisprudenziali in materia di valutazione di anomalia dell’offerta che, tuttavia, visto il rinvio fatto dal legislatore all’art. 110, si ritengono estendibili anche alla verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele di cui all’art. 11 D. Lgs. n. 36 del 2023: a) la discrezionalità tecnica, caratterizzante il giudizio di anomalia e l’esame delle giustificazioni (e quindi anche la verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele), può essere sindacata dal giudice amministrativo solo se le valutazioni ad essa sottese siano abnormi, manifestamente irragionevoli, illogiche o affette da errori di fatto; b) il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica Amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non può procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, in quanto ciò costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (lo stesso dicasi pertanto anche per quanto riguarda il sindacato sulla verifica della dichiarazione di equivalenze delle tutele) (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2015 n. 5450; Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015 n. 963; più di recente Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2019, n. 3502 che richiama Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; sez. V, 23 gennaio 2018, n. 230; T.A.R. Piemonte, sez. I, 22 febbraio 2021, n. 178). È stato ulteriormente chiarito che: “…anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione” (Cons. Stato, sez. III, 20 novembre 2019, n. 7927). Più nello specifico, la giurisprudenza amministrativa ha espresso il principio secondo il quale, la valutazione favorevole sulle giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia risulta esaustivamente formulata sulla base di un giudizio sintetico, sol che sia apparentemente immune da palesi illogicità o travisamenti manifesti di fatto (T.A.R. Lazio, sez. II, 18 maggio 2020, n. 5230).
7.2.2. – Poste queste necessarie premesse, osserva il Collegio che:
-) il primo motivo di ricorso non convince laddove dalla semplice elencazione delle “oggettive differenze che intercorrono tra il trattamento economico e normativo dei lavoratori previsto dalla disciplina contenuta nel CCNL indicato dalla stazione appaltante e nel CCNL che ... ha dichiarato di voler applicare al proprio personale da adibire all’esecuzione dell’appalto”, pretende di trarre una sostanziale non equivalenza dei due strumenti contrattuali, senza in effetti spiegare come le divergenze possano incidere sul complessivo giudizio positivo della S.A.: la tesi, infatti, non considera che presupposto del giudizio di equivalenza ex art. 11 comma 4, ultimo periodo, D.lgs. 63/2023, è proprio la (fisiologica) eterogeneità degli strumenti contrattuali, laddove oggetto di scrutinio è la tollerabilità (o meno) dei reciproci scostamenti (economici e normativi) alla luce della ratio di tutela del personale impiegato innanzi descritta (vd. par. 7.2. e 7.2.1. i)), ponendosi il CCNL indicato negli atti di gara (nel nostro caso, il CCNL Metalmeccanici Industria), come limite inderogabile di tutela economica e normativa dei lavoratori; non è un caso che l’attuale disciplina del giudizio di equivalenza ex art. 11, comma 4, D.lgs. 63/2023 (successiva alle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 209 del 31 dicembre 2024) integrata con il rinvio ai nuovi parametri di cui all’ all. I.01 (comma 4) indichi come soglia (facoltativa) di equivalenza, “il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua di cui al comma 2” (per le tutela economiche) e lo scostamento marginale “rispetto ai parametri di cui al comma 3” (per le tutele normative), in tal modo delineando un giudizio che, partendo dalle differenze, ne valuta globalmente l’incidenza sui lavoratori, in un’ottica di bilanciamento della libertà di iniziativa economica dell’impresa con la tutela del personale impiegato (per comodità si riporta, per intero, il testo dell’all. I.01 nella parte qui di rilievo: “4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l'equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua di cui al comma 2 risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell'invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri di cui al comma 3 sono marginali”). Del resto, per come condivisibilmente evidenziato dalla resistente ... nelle proprie difese, la stessa relazione al bando tipo 1/2023 dell’Anac, più volte citata da parte ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, indica, quale parametro di giudizio “tutele equiparabili” e non “identiche”, partendo dal dato presupposto, ineliminabile e citato in premessa, per cui “sono rari i casi in cui due contratti presentano esattamente lo stesso articolato”; non persuade, pertanto, quanto evidenziato dalla ricorrente – anche a mezzo di rinvio alla consulenza tecnica del 28 maggio 2025 allegata al ricorso – in ordine a permessi retribuiti “ROL”, al periodo di comporto e trattamento economico in caso di malattia o infortunio, al lavoro supplementare e straordinario, all’assistenza sanitaria integrativa, alla previdenza complementare ed al periodo di prova (pp. 14 e 15 del ricorso), non potendo tali divergenze, ex se, comportare una “non equivalenza” delle tutele, rilevante ex art. 11 comma 4 D.lgs. 36/2023 e per l’effetto inficiare il complessivo giudizio espresso dalla commissione nella seduta del 16 gennaio 2025 (e che la ricorrente, a ben guardare, mira surrettiziamente a sostituire). Per le medesime ragioni, è quindi irrilevante “il valore confessorio” (in ordine alle divergenze contrattuali), attribuito dalla ricorrente al riconoscimento di un superminimo integrativo della retribuzione, essendo evidente – nonché pacifico in giudizio - che i due CCNL, di base, hanno regimi retributivi (e non solo) difformi;



