Massima Sentenza
“…L’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della ‘buona fede’, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi. Nelle trattive precontrattuali il comportamento contrario a buona fede, cioè sleale o scorretto, dà luogo a responsabilità (art. 1337 c.c.), e può pregiudicare la validità del consenso prestato dall’Amministrazione alla stipula di un negozio, con la conseguenza che il principio di buona fede consente di riconoscere, a carico delle parti, doveri di comportamento ulteriori rispetto a quelli tipizzati, anche se molti obblighi derivanti dall’applicazione di questo principio sono stati tipizzati dal legislatore. La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti...In ottemperanza al dovere di buona fede, il privato è tenuto a fornire all’Amministrazione ogni elemento potenzialmente rilevante ai fini della valutazione della sua affidabilità (Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 2020). Gli obblighi informativi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. hanno per oggetto elementi rilevanti in funzione degli illeciti professionali di cui la stazione appaltante dovrà poi valutare la gravità e la rilevanza rispetto al giudizio di integrità e affidabilità...”
Cons. St., Sez. V, 11.09.2025, n. 7282
La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.
“...L’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della ‘buona fede’, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi.
Nelle trattive precontrattuali il comportamento contrario a buona fede, cioè sleale o scorretto, dà luogo a responsabilità (art. 1337 c.c.), e può pregiudicare la validità del consenso prestato dall’Amministrazione alla stipula di un negozio, con la conseguenza che il principio di buona fede consente di riconoscere, a carico delle parti, doveri di comportamento ulteriori rispetto a quelli tipizzati, anche se molti obblighi derivanti dall’applicazione di questo principio sono stati tipizzati dal legislatore.
La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.
Questo Consiglio di Stato ha, in più occasioni, valorizzato il dovere di buona fede nel rapporto che si instaura tra soggetto pubblico e parte privata nelle gare di appalto, stabilendo che: “il comportamento di entrambi deve essere realizzato in funzione della reciproca e leale collaborazione, così come sancito dalla legge 241/1990 e, recentemente, dal d.lgs. 36/2023. In questo modo viene a configurarsi un nuovo rapporto di tipo orizzontale tra i partecipanti alla selezione. Ciò comporta che mentre l’amministrazione deve esercitare a favore dell’operatore economico una funzione di protezione o, secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, la stessa è tenuta ad obblighi connessi a diritti soggettivi, il cives va incontro ad una più accentuata responsabilizzazione, che deve essere presente nel corso del procedimento e del processo” (Cons. Stato, n. 10744 del 2023).
In ottemperanza al dovere di buona fede, il privato è tenuto a fornire all’Amministrazione ogni elemento potenzialmente rilevante ai fini della valutazione della sua affidabilità (Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 2020). Gli obblighi informativi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. hanno per oggetto elementi rilevanti in funzione degli illeciti professionali di cui la stazione appaltante dovrà poi valutare la gravità e la rilevanza rispetto al giudizio di integrità e affidabilità.
10.5. Da siffatti rilievi, appare agevole ritenere che il comportamento posto in essere dalla Ditta -OMISSIS- nella procedura di gara indetta dal Comune di … è stato contrario a buona fede (artt. 1337 e 1338 c.c.), secondo i contenuti espressi dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, con la conseguenza che è stato pregiudicato il dialogo procedimentale tra l’impresa e l’Amministrazione pubblica, e fortemente lesa la valutazione dell’integrità e dell’affidabilità del predetto operatore economico.
10.6. Ciò premesso, il Collegio condivide gli esiti argomentativi a cui è giunto il Giudice di prima istanza, il quale ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi legittimo il provvedimento di esclusione comminato nei confronti di un operatore economico che abbia omesso di comunicare le pendenze giudiziarie nelle quali è coinvolto, ciò anche se tali pendenze non riguardino ipotesi di reato ricomprese tra quelle tassativamente indicate dal Legislatore come causa di esclusione automatica o non automatica ai sensi degli artt. 94 e 95 del d.lgs. n. 36 del 2023, laddove, come nella specie, tale omissione dichiarativa ha violato i principi guida indicati dal nuovo codice dei contratti (d.lgs. n. 36 del 2023), rappresentati dal principio del risultato (art. 1), dal principio di buona fede (art. 5), nonché dal principio della fiducia introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023.
Va, invero, rammentato che ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica o ad acquisire servizi e forniture nel modo più rispondente agli interessi della collettività (principio del risultato).
Se, ai sensi della nuova disciplina, occorre, ai fini dell’esclusione automatica o non automatica, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati al comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’Amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico in fattispecie riconducibili all’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 cit..
Ciò in quanto, nella specie, tale omissione dichiarativa avrebbe inficiato il processo decisionale della stazione appaltante, la quale si sarebbe anche trovata in palese conflitto di interessi nella qualità di contraente della Ditta -OMISSIS-, essendosi costituita parte civile in due dei procedimenti penali che la vedevano direttamente coinvolta.



