Consolidata giurisprudenza afferma che il ricorso avverso l’esclusione da una gara pubblica è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allorchè non sia impugnata nei termini, nonostante la tempestiva comunicazione, l’aggiudicazione dell’appalto, che costituisce l’atto che rende definitiva la lesione dell’interesse azionato dal soggetto escluso; infatti, l’eventuale annullamento della esclusione che ha effetto viziante e non caducante, lasciando sopravvivere l’aggiudicazione non impugnata, non è idoneo ad attribuisce al ricorrente alcun effetto utile. Ne consegue che l’omessa impugnazione del provvedimento di aggiudicazione rende improcedibile il ricorso avverso l’esclusione, o anche avverso la proposta di aggiudicazione, dovendosi ritenere, conformemente a giurisprudenza consolidata, che l’aggiudicazione non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche se recepisce integralmente i risultati della proposta di aggiudicazione, e pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione e, soprattutto, una autonoma dichiarazione di volontà.

Cons. St., Sez. V, 07.04.2023, n. 3623

Cosa è la prova di resistenza nel giudizio amministrativo? TAR Campania Napoli, Sez. V, 03.11.2022, n. 6850

“…Tali deduzioni difensive non possono essere condivise.

Non è contestato che l’appellante ha omesso di impugnare l’aggiudicazione, provvedendo esclusivamente a domandare la declaratoria di illegittimità dell’esclusione e l’annullamento della proposta di aggiudicazione.

La proposta di aggiudicazione di un appalto ha natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della Ditta che non è risultata vincitrice, lesione, appunto, che si verifica soltanto con l’aggiudicazione tout court che è il provvedimento conclusivo, e che diventa efficace dopo la verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 33, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 della predetta proposta da parte della Stazione appaltante.

Consolidata giurisprudenza afferma che il ricorso avverso l’esclusione da una gara pubblica è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allorchè non sia impugnata nei termini, nonostante la tempestiva comunicazione, l’aggiudicazione dell’appalto, che costituisce l’atto che rende definitiva la lesione dell’interesse azionato dal soggetto escluso; infatti, l’eventuale annullamento della esclusione che ha effetto viziante e non caducante, lasciando sopravvivere l’aggiudicazione non impugnata, non è idoneo ad attribuisce al ricorrente alcun effetto utile (v. Cons. Stato n. 3200 del 2020).

Ne consegue che l’omessa impugnazione del provvedimento di aggiudicazione rende improcedibile il ricorso avverso l’esclusione, o anche avverso la proposta di aggiudicazione, dovendosi ritenere, conformemente a giurisprudenza consolidata, che l’aggiudicazione non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche se recepisce integralmente i risultati della proposta di aggiudicazione, e pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione e, soprattutto, una autonoma dichiarazione di volontà.

Se il ricorrente impugna la proposta di aggiudicazione, ma non impugna l’aggiudicazione, il ricorso diviene improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, atteso che l’annullamento della proposta di aggiudicazione, non facendo venire meno l’aggiudicazione vera e propria, non sarebbe di alcuna utilità per il ricorrente. In sostanza, se la proposta di aggiudicazione è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha l’onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione sopravvenuta, la quale non rappresenta una conseguenza inevitabile della prima, conseguendo, in difetto, l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, n. 6128 del 2000; Cons. Stato n. 785 del 2002; Cons. Stato n. 5813 del 2022).

Né può predicarsi che il provvedimento di aggiudicazione sia stato implicitamente impugnato mediante la clausola di stile contenuta nell’epigrafe del ricorso, che fa riferimento a tutti gli atti successivi e conseguenti, non essendo sufficiente tale dizione a far ricomprendere nell’oggetto dell’impugnazione atti non nominati. E, neppure, possono essere condivise le deduzioni difensive prospettate dall’appellante nelle memorie, a fronte dell’eccezione proposta dal Comune di Follonica di improcedibilità del gravame, ciò in quanto tali argomentazioni non colgono nel segno, atteso che spostano l’esame della questione dal presupposto fondamentale, rappresentato dal venire meno dell’interesse al ricorso ex art. 100 c.p.c…”

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