Massima Sentenza
“…La revoca dell’aggiudicazione dopo la sottoscrizione del contratto configura un’ipotesi di carenza di potere in concreto, perché il potere di revoca dei propri provvedimenti spetta alle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990, e dunque in astratto sussiste, ma in concreto non può essere esercitato dalle stazioni appaltanti dopo la conclusione del contratto: in sostanza, il fatto che il contratto non sia ancora stato concluso costituisce una condizione per il legittimo esercizio del potere di revocare l’aggiudicazione...”
Per esaminare tale questione, occorre prendere le mosse dalla sentenza n. 14 del 2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha affrontato questo problema, per l’appalto di lavori, nel quadro normativo esistente durante la vigenza del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006.
L’Adunanza Plenaria ha affermato che, “intervenuta la stipulazione del contratto per l'affidamento dell'appalto di lavori pubblici, l'amministrazione non può esercitare il potere di revoca dovendo operare con l'esercizio del diritto di recesso”, perché: - “Nel codice dei contratti pubblici sono previste norme con tratti di specialità riguardo specificamente alla fase dell'esecuzione del contratto per la realizzazione di lavori pubblici”, e segnatamente l’art. 134 di quel codice, che regolava il recesso del committente in modo diverso rispetto all’art. 1671 c.c., prevedendo il preavviso all’appaltatore e una differente quantificazione delle somme a questi spettanti; - presupposto del potere di revoca “è la diversa valutazione dell'interesse pubblico a causa di sopravvenienze; il medesimo presupposto è alla base del recesso in quanto potere contrattuale basato su sopravvenuti motivi di opportunità (Cass. n. 391 del 2011 cit.; Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2008, n. 4455); la specialità della previsione del recesso di cui al citato art. 134 del codice preclude, di conseguenza, l'esercizio della revoca. Se infatti, come correttamente indicato dal giudice rimettente, nell'ambito della normativa che regola l'attività dell'amministrazione nella fase del rapporto negoziale di esecuzione del contratto di lavori pubblici, è stata in particolare prevista per gli appalti di lavori pubblici una norma che attribuisce il diritto di recesso, non si può ritenere che sul medesimo rapporto negoziale si possa incidere con la revoca, basata su presupposti comuni a quelli del recesso (la rinnovata valutazione dell'interesse pubblico per sopravvenienze) e avente effetto analogo sul piano giuridico (la cessazione ex nunc del rapporto negoziale) … In caso contrario la norma sul recesso sarebbe sostanzialmente inutile”.
L’Adunanza Plenaria ha precisato che “Quanto sopra vale in riferimento alla possibilità della revoca nella fase aperta con la stipulazione del contratto nel procedimento per l’affidamento dell’appalto di lavori pubblici”, che era l’oggetto specifico del quesito rivoltole, e pertanto resta impregiudicata la possibilità:
a) “della revoca nella fase procedimentale della scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto”;
b) “dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, … concordemente riconosciuta in giurisprudenza, con la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso (Cass. sezioni unite, 8 agosto 2012, n. 14260; Cons. Stato: sez III, 23 maggio 2013, n. 2802; sez. V: 7 settembre 2011, n. 5032; 4 gennaio 2011, n. 11, 9 aprile 2010, n. 1998)”;
c) della “revoca di atti amministrativi incidenti sui rapporti negoziali originati dagli ulteriori e diversi contratti stipulati dall’amministrazione, di appalto di servizi e forniture, relativi alle concessioni contratto (sia per le convenzioni accessive alle concessioni amministrative che per le concessioni di servizi e di lavori pubblici), nonché in riferimento ai contratti attivi”.
4.2.- I principi affermati dall’Adunanza Plenaria possono essere utilizzati anche per affrontare il medesimo problema nel mutato quadro normativo derivante dall’entrata in vigore del successivo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 50/2016, applicabile ratione temporis al caso di specie.
L’art. 109 di tale d.lgs. prevede il recesso non più solo per gli appalti di lavori, ma per tutti gli appalti. Applicando i principi enunciati dall’Adunanza Plenaria, e in particolare il principio di specialità della norma sul recesso contenuta nel codice dei contratti pubblici, rispetto alla norma generale sulla revoca dei provvedimenti amministrativi contenuta nell’art. 21 quinquies della legge 241/1990, ne discende che per tutti gli appalti va esclusa la sussistenza del potere di revocare l’aggiudicazione dopo la sottoscrizione del contratto.
Diversa è la questione, che qui non rileva, dalla qualificazione dei poteri (che in taluni casi sono anche doveri) della stazione appaltante di provocare la risoluzione del contratto d’appalto nelle ipotesi contemplate dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016, ipotesi che appaiono disomogenee, perché in taluni casi corrispondono alla risoluzione civilistica per inadempimento, in altri invece sembrano riconducibili ad ipotesi di autotutela, in altre ancora a un recesso giustificato da presupposti oggettivi (cfr. le considerazioni svolte in merito nella relazione al nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 36/2023, sub art. 122).
Le disposizioni del d.lgs. 50/2016 si applicano ratione temporis al caso di specie perché l’art. 227, 2° comma, del d.lgs. 36/2023 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2023, “le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso”, per tali intendendosi, per quanto qui rileva, “le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia”.
4.3.- La revoca dell’aggiudicazione dopo la sottoscrizione del contratto configura un’ipotesi di carenza di potere in concreto, perché il potere di revoca dei propri provvedimenti spetta alle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990, e dunque in astratto sussiste, ma in concreto non può essere esercitato dalle stazioni appaltanti dopo la conclusione del contratto: in sostanza, il fatto che il contratto non sia ancora stato concluso costituisce una condizione per il legittimo esercizio del potere di revocare l’aggiudicazione..."