NEI CONTRATTI ATTIVI NON SUSSISTE L’ESIGENZA DI VERIFICARE L’ANOMALIA DELL’OFFERTA, TRATTANDOSI DI RAPPORTI NEGOZIALI DAI QUALI L’AMMINISTRAZIONE RICAVA UN ENTRATA SENZA CHIEDERE AL PARTNER CONTRATTUALE SPECIFICHE PRESTAZIONI. IL RICHIAMO DELL’ART. 97 DEL D. L.VO 50/2016 DEV’ESSERE DUNQUE INTESO, COMPATIBILMENTE CON LA NATURA DEL CONTRATTO STIPULANDO.

Cons. St., Sez. III, 14.02.2022, n. 1071

“…Secondo l’appellante l’obbligo della verifica di non anomalia deriverebbe dall’espresso richiamo all’art. 97 D.L.vo 50/2016 contenuto nel verbale del RUP 3/11/2020 e costituente, in tesi, un “autovincolo”. Errata allora sarebbe la sentenza laddove ritiene che l’art. 97, D. L.vo 50/2016 non fosse applicabile se non nei margini di “verifica di credibilità e serietà dell’offerta”.

Il motivo non ha pregio. La verifica di non anomalia, prevista nei contratti passivi (che comportano l’acquisto di una prestazione) ha la chiara finalità di garantire la qualità e la regolarità delle prestazioni oggetto di affidamento. Nei contratti attivi siffatta esigenza non sussiste, trattandosi di rapporti negoziali dai quali l’amministrazione ricava un entrata senza chiedere al partner contrattuale specifiche prestazioni. Il richiamo dell’art. 97 del D. L.vo 50/2016 dev’essere dunque inteso, compatibilmente con la natura del contratto stipulando, come verifica della capacità solutoria del debitore rispetto alle obbligazioni pecuniarie assunte, avuto riguardo alla capacità del medesimo di produrre reddito d’impresa, vieppiù nel caso di specie in cui il corrispettivo effettivo è legato all’alea del fatturato previsto. Ed è quanto l’amministrazione ha fatto, dando rilievo anche agli extra ricavi prospettati dall’offerente in forza del know how posseduto nell’ambito dei servizi grafici...”

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