Riferimenti normativi: Art. 1 del D.Lgs. 36/2023.


PRINCIPI GENERALI DEL D.LGS. 36/2023.

Diversamente dal D.Lgs. 50/2016, la Parte I del Libro I del D.Lgs. 36/2023 è dedicata ai princìpi generali e si compone di due Titoli. Il Titolo I è composto da dodici articoli e disciplina i princìpi generali ai quali si ispira il nuovo Codice dei contratti pubblici e che dovranno orientare l’operato di tutti gli stakeholder nel settore dei contratti pubblici.

In ragione della fondamentale importanza che i princìpi assumono all’interno di un determinato ordinamento, ivi compreso quello in parola, è necessario premettere che la ratio sottesa alla previsione dei principi generali è stata autorevolmente evidenziata dal Consiglio di Stato, il quale ha rilevato che: “…I principi generali di un settore esprimono, infatti, valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una “memoria del tutto” che le singole e specifiche disposizioni non possono avere, pur essendo ad esso riconducibili. I principi sono, inoltre, caratterizzati da una prevalenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme…” (Cons. St., Relazione allo Schema e Allegati, pag. 11).

In tal senso, il D.Lgs. 36/2023, al fine di evitare un non corretto utilizzo dei principi generali (e in particolare alla frequente commistione tra principi e regole), ha inteso affidare alla, Parte I del Libro I il compito di codificare solo principi con funzione ordinante nomofilattica e, quindi, “…dovrebbero aiutare l’interprete a comprendere ratio e finalità delle norme codicistiche…”. (Corte dei Conti, 02.2023, Contributo Scritto su Atto di Governo n. 19 – Codice dei Contratti Pubblici, pag. 4).

Pertanto, balza agli occhi che le predette funzioni donano effettiva operatività a “…clausole generali altrimenti eccessivamente elastiche, oppure utilizzare la norma-principio per risolvere incertezze interpretative (ad esempio, i principi che delimitano il campo di applicazione del codice, enucleando i rapporti tra appalti e contratti gratuiti da un lato e affidamenti di servizi sociali agli enti del terzo settore dall’altro) o per recepire indirizzi giurisprudenziali ormai divenuti “diritto vivente” (come ad esempio nel caso della norma sulla tassatività delle cause di esclusione e sul correlato regime delle clausole escludenti atipiche)…”. (Cons. Stato, Relazione agli articoli e agli allegati, pag. 12).

Ed infatti, in linea con la legge delega, il Nuovo Codice concede più ampia libertà di iniziativa e di auto- responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) “…in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. Ciò in quanto la legge – soprattutto un codice – non può inseguire la disciplina specifica di ogni aspetto della realtà, perché si troverà sempre in ritardo, ma deve invece fornire gli strumenti e le regole generali e astratte per regolarla…”. (Cons. St., Relazione allo Schema e Allegati, pag. 12.)

Inoltre, come sottolineato nella relazione illustrativa, “…rispetto alle altre fonti primarie la caratteristica di un codice è la sua tendenza a costituire un “sistema” normativo (ciò vale anche per la nuova codificazione cd. “di settore”; espressione approfondita dal parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato n. 2 del 2004). Nell’ambito di tale sistema, i principi rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla frammentarietà delle sue parti, e consentono al tempo stesso una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 7 maggio 2013, n. 13)…”. (Cons. Stato, Relazione agli articoli e agli allegati, pag. 11).

Inoltre, l’espressa previsione dei principi è tesa a realizzare, tra gli altri, i seguenti obiettivi:
a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza (e della collettività) (cfr. b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare, in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione dell’amministrazione, il fenomeno della cd. “burocrazia difensiva”, che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti.

In tal senso, riveste carattere assolutamente innovativo l’introduzione dei principi del risultatodella fiducia dell’accesso al mercato, “…i quali, oltre a cercare un cambio di passo rispetto al passato, vengono espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del codice e sono ulteriormente declinati in specifiche disposizioni di dettaglio (ad esempio, in tema di assicurazioni)…”. (Cons. St., Relazione allo Schema e Allegati, pag. 12).

In particolare, il Titolo I elenca i principi generali dettati in materia di affidamento dei contratti pubblici, e segnatamente: risultato, fiducia, accesso al mercato, buona fede e tutela dell’affidamento, solidarietà e sussidiarietà orizzontale, auto-organizzazione amministrativa, autonomia negoziale, conservazione dell’equilibrio contrattuale, tassatività delle cause di esclusione, applicazione dei contratti collettivi di lavoro.

Inoltre, ai fini di una più chiara esposizione, occorre premettere che l’art. 4 del D.Lgs. 36/2023 indica quali sono i criteri interpretativi e applicativi del nuovo Codice, specificando che: “…Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3…”.

Orbene, dalla lettura della suddetta disposizione, è evidente che i principi di cui ai primi tre articoli (risultato, fiducia e tutela di accesso al mercato) sono criteri con portata ermeneutica generalizzata (Corte dei Conti, Contributo scritto su atto di Governo n. 19 – Codice dei Contratti Pubblici, pag. 5) e con natura fondante, oltre a rendere palese una diversa gerarchia degli interessi di cui l’Amministrazione deve essere portatrice, con ciò costituendo un punto di svolta con la precedente Legislazione.

Pertanto, sulla scorta della chiara lettera della norma, in caso di dubbi interpretativi “…la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici…”. (Cons. St., Relazione allo Schema e Allegati, pag. 17).

Quanto sottolineato dai Giudici di Palazzo Spada nel suddetto passaggio si appalesa di fondamentale importanza, soprattutto, considerando che i princìpi di cui ai primi 3 articoli fungono da chiave di lettura nell’interpretazione delle norme del Codice, oltre a orientare l’attività discrezionale dell’Amministrazione, la quale dovrà esercitare il proprio potere per il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico avendo come “faro” il risultato, la fiducia e la tutela di accesso al mercato.

Il principio del risultato.

L’art. 1 del D.Lgs. 36/2023 introduce il principio del risultato, secondo cui v’è l’obbligo per le stazioni appaltanti di perseguire l’interesse pubblico primario, per mezzo dell’affidamento dei contratti e la loro esecuzione con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalitàtrasparenza concorrenza.

In particolare, il principio in parola costituisce il naturale corollario del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità, di cui all’art. 97 Cost., ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea, declinati in maniera puntuale con riferimento allo specifico settore della contrattualistica pubblica, dovendo le stazioni appaltanti raggiungere un risultato “virtuoso”, che accresca la qualità, diminuisca i costi, aumenti la produttività, quindi, per il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso all’affidamento.

Come innanzi anticipato, l’importanza del principio parola, è evidente laddove si consideri che lo stesso costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, nonché per:
a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, in sede di responsabilità. La finalità sottesa a tale previsione è quella di contrastare, anche attraverso tale previsione, ogni forma di burocrazia difensiva: “...in quest’ottica si “premia” il funzionario che raggiunge il risultato attenuando il peso di eventuali errori potenzialmente forieri di responsabilità...”;

b) sulla scorta della medesima ratio, viene previsto che il risultato rappresenta anche un criterio per l’attribuzione e la ripartizione degli incentivi economici in favore dei dipendenti impegnati nelle varie fasi della gara e dell’esecuzione, rimandano alla naturale sede della contrattazione collettiva per la concreta individuazione delle modalità operative.

Dopo aver specificato il principio del risultato, l’art. 1, comma 2, sottolinea il valore funzionale della concorrenza e della trasparenza, elementi che non sono disciplinati più come un fine, “…ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato…”.

Ed infatti, la concorrenza ora viene intesa come mezzo sulla scorta della quale ambire al raggiungimento del summenzionato risultato “virtuoso”, essendo funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti mediante la più ampia partecipazione al mercato.

Parimenti, strumento imprescindibile per il raggiungimento del risultato è la trasparenza, in quanto funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità, garantendo la piena trasparenza dell’attività posta in essere dalle Amministrazione nell’applicazione del Codice.

Dalle suddette argomentazioni si desume, altresì, una diversa composizione dell’interesse che deve perseguire la stazione appaltante nell’affidamento delle commesse pubbliche.

In tal senso, autorevole dottrina ha già avuto modo di rappresentare che: “…L’affermazione del principio del risultato determina un ribaltamento della gerarchia degli interessi affermatasi negli ultimi quindici anni. Si riconosce così ilnecessario primato logico della funzione di committenza pubblica, perché le amministrazioni si rivolgono al mercato e più in generale stipulano contratti con il fine di approvvigionarsi di beni, servizi e opere: dunque, non per altri obiettivi, sebbene questi, naturalmente, possono far parte di un più ampio quadro di finalità dell’azione pubblica e della disciplina di regolamentazione… In questa prospettiva, concorrenza e trasparenza non costituiscono più finalità e valori in sé, ma strumenti al servizio del risultato…” (Chiar.mo Prof. Giulio Napolitano, Relazione al Convegno Il Nuovo Codice degli Appalti Avvocatura dello Stato, Roma, 27 gennaio 2023, pagg. 1 e 3 – liberamente consultabile al seguente link: https://www .astrid-online.it/static/upload/fca1/fca19a43105e2b82a2cf9217edbf2cdd.pdf).

Articoli collegati

Kreando S.r.l.s. – PIVA 15799041007 – gare@fareappalti.itCookie PolicyPrivacy PolicySitemap