Massima Sentenza

“...l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri: a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un ‘nesso di strumentalità’ tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’ da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza Plenaria ha ulteriormente chiarito che: b) è richiesto che la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, sia ‘concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti’, per essere in corso un ‘crisi di cooperazione’, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale; c) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, ‘in termini di pratica sussunzione’, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale; d) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della ‘immediatezza’, ‘concretezza’ e ‘attualità’...”

Cons. St., Sez, V, 18.09.2023, n. 8382


L’istante è tenuto a dimostrare la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata. Va, altresì, dimostrato il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento ‘e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto strumentale, fa da tramite.

"...Orbene, con riferimento all’accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, va rammentato che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con le sentenze 25 settembre 2020, n. 19, n. 20 e n. 21, ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, qualora la parte dimostri: a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un ‘nesso di strumentalità’ tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’ da accertare mediante un giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti – principali e secondari – integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza Plenaria ha ulteriormente chiarito che: b) è richiesto che la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, sia ‘concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti’, per essere in corso un ‘crisi di cooperazione’, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale; c) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) cui la stessa fattispecie si compone, l’interprete è tenuto a operare, ‘in termini di pratica sussunzione’, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale; d) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della ‘immediatezza’, ‘concretezza’ e ‘attualità’ (ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990). L’istante è tenuto a dimostrare la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata. Va, altresì, dimostrato il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento ‘e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto strumentale, fa da tramite’. 

L’Adunanza Plenaria n. 4 del 18 marzo 2021 ha precisato che deve escludersi il generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, riferibili ad un processo già pendente, oppure instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare. 

Il Collegio condivide la soluzione di maggior rigore secondo deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intellegibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. Ciò anche attraverso una indicazione, anche espressa in modo sintetico, delle ‘deduzioni difensive potenzialmente esplicabili’ (Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472). 

L’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo i principi generali, su colui che agisce, ossia sul ricorrente richiedente l’accesso agli atti. In assenza di tale dimostrazione, la domanda di accesso, secondo l’indirizzo condiviso di questo Consiglio, finisce per tradursi nel tentativo ‘meramente esplorativo’ di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile (Cons. Stato n. 64 del 2020).

I principi espressi sono stati recentemente ribaditi da questa Sezione con sentenza n. 787 del 2023, da cui è emerso che, nelle ipotesi come quella per cui si procede, ne risulta, in buona sostanza, un sistema motivazionale c.d. ‘a doppia mandata’, una dell’istanza e una dell’opponente, che la Stazione appaltante sarà tenuta a ponderare ogniqualvolta emerga un potenziale contrasto tra riservatezza tecnica e necessità difensive. La pronuncia, ponendosi sul solco dell’ormai indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. Stato, n. 6463 del 2020; Cons. Stato n. 5167 del 2020; Cons. Stato n. 4220 del 2020; Cons. Stato n. 1451 del 2020; Cons. Stato n. 64 del 2020), ha ribadito che la ‘ratio’ sottesa alle previsioni di cui all’art. 53, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 è quella di escludere dall’accesso ‘quella parte dell’offerta strettamente afferente al ‘Know how’ del singolo concorrente, costituito dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento’. 

13.4. Avuto riguardo alla controdedotta esigenza di tutela di riservatezza, il Collegio osserva che, secondo il suddetto indirizzo giurisprudenziale, in occasione della disamina delle ragioni che giustificano una domanda di accesso, quelle legate alle esigenze di difesa del richiedente non prevalgono sempre e comunque su qualunque altro interesse, specie se contrapposto, giacchè invocato da chi, al contrario, deduce che, consentendosi l’accesso, si permetterebbe il disvelamento di dati tecnici contenuti nella documentazione richiesta che rappresentano ‘Know how’ dell’impresa controinteressata…”

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