Massima Sentenza
“… l’esame complessivo della normativa, eurounitaria e interna, in materia di appalti consente di ritenere in maniera adeguatamente chiara che la sottoscrizione degli accordi EA MLA (European cooperation Multilateral Agreement), per lo specifico settore del certificato richiesto ai fini della partecipazione alla gara d’appalto, abiliti l’Ente unico nazionale di un Paese europeo a fornire il servizio di accreditamento degli enti di certificazione in modo equivalente agli organismi nazionali degli Stati membri. Di conseguenza, le certificazioni di qualità rilasciate da organismi stranieri accreditati dall’Ente unico nazionale di accreditamento di altro Stato europeo, firmatario dell’accordo EA MLA, qual è l’ente britannico UKAS, sono equivalenti alle certificazioni di qualità rilasciate da organismi accreditati dagli enti nazionali degli Stati membri… L’opposta conclusione sulla non idoneità, nella specie, delle certificazioni rilasciate dall’organismo di valutazione della conformità, oltre a non trovare fondamento nella sopra citata sentenza della Corte di Giustizia, potrebbe contrastare con l’art. 87 del Codice, con il Regolamento CE n. 765/2008 e con i principi di concorrenza, non discriminazione e mutuo riconoscimento. Pertanto, nel caso in esame la stazione appaltante ha legittimamente ritenuto valida la certificazione di conformità al sistema di gestione ambientale rilasciata da un organismo accreditato dal proprio ente unico nazionale, firmatario dell’accordo di mutuo riconoscimento EA Multilateral Agreement (EA MLA), come espressamente previsto dal disciplinare di gara, in alternativa alla certificazione proveniente dall’Ente nazionale unico di accreditamento “autorizzato a norma dell’art. 5, par. 2 del Regolamento (CE) n. 765/2008”…”
“… Non potrebbe quindi invocarsi, a sostegno della validità della certificazione di qualità posseduta dalla mandante, la circostanza che l’UKAS sia in concreto firmatario degli accordi multilaterali EA/MLA, stante, a monte, la dubbia qualità di organismo di accreditamento nazionale ai sensi e per gli scopi del Regolamento dell’ente in questione.
4.7. Secondo il Tribunale tale interpretazione del disciplinare di gara e della normativa sovranazionale di riferimento, oltre a non trovare smentita nelle leggi nazionali, non confliggerebbe neanche coi principi di libera concorrenza e di massima partecipazione alle gare pubbliche.
5. Ritiene, invece, il Collegio che le argomentazioni della sentenza impugnata non sono condivisibili, mentre sono corretti i rilievi delle appellanti che fondatamente contestano le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice e ne sostengono l’erroneità alla luce della specifica disciplina, nazionale e comunitaria, applicabile.
6. Premesso che, contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti, il requisito in parola – il possesso del certificato di conformità del sistema di gestione ambientale- è richiesto a pena di esclusione dal disciplinare di gara, nondimeno plurime ragioni convergono nel senso della piena idoneità, ai fini della partecipazione alla procedura di gara, della certificazione prodotta dalla mandante del raggruppamento aggiudicatario.
6.1. In primo luogo, vanno condivise le argomentazioni delle appellanti secondo cui - a fronte delle peculiari previsioni della legge di gara, nemmeno impugnate con il ricorso introduttivo- non è decisivo nella presente fattispecie il precedente di questo Consiglio di Stato (Sez. V, 21 aprile 2023, n. 4089) richiamato dalla sentenza appellata. 6.1.1. Infatti, a differenza del caso deciso dal menzionato precedente (ove la qualità di firmatario degli accordi EA/MLA in capo all’organismo di accreditamento non era presa in alcuna considerazione dalla lex specialis), nel caso di specie il disciplinare di gara, per ampliare la platea dei potenziali partecipanti, ha attribuito sicuro rilievo anche all’accreditamento dell’organismo di certificazione da parte di un ente unico nazionale di accreditamento che abbia sottoscritto tale tipologia di accordi multilaterali, riconoscendo espressamente ai concorrenti, come possibilità alternativa, che il certificato in parola, ai fini della comprova della conformità del sistema di gestione ambientale, sia rilasciato da enti accreditati “per lo specifico settore del certificato richiesto, da un Ente nazionale unico di accreditamento firmatario degli accordi EA/MLA oppure autorizzato a norma dell’art. 5, par. 2 del Regolamento (CE), n. 765/2008.” (cfr. art. 6.2 lett. b) del disciplinare di gara).
6.1.2. Tanto emerge chiaramente dalle previsioni del Disciplinare di gara di cui all’art. 6.2 lett. b), di seguito testualmente riportate:
“(…) l’operatore economico concorrente deve essere in possesso di valutazione di conformità, in corso di validità, delle proprie misure di gestione ambientale al sistema EMAS – Regolamento (CE) n. 1221/2009 sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) – oppure alla norma UNI EN ISO 14001:2015, idonea, pertinente e proporzionata all’oggetto del presente appalto. La comprova del requisito è fornita mediante registrazione EMAS oppure, in caso di UNI EN ISO 14001:2015, un certificato di conformità del sistema di gestione alla norma UNI EN ISO sopra citata. Tale documento è rilasciato da un organismo di certificazione accreditato, ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1, per lo specifico settore del certificato richiesto, da un Ente nazionale unico di accreditamento firmatario degli accordi EA/MLA oppure autorizzato a norma dell’art. 5, par. 2 del Regolamento (CE), n. 765/2008”.
Per quanto di interesse il Disciplinare di gara ha inoltre previsto che: “Al ricorrere delle condizioni di cui agli articoli 87, comma 2, del Codice la Stazione appaltante accetta anche altre prove documentali relative all’impiego di misure equivalenti, valutando l’adeguatezza delle medesime agli standard sopra indicati, come certificazioni rilasciate da organismi accreditati da Enti firmatari di Accordi MLA IAF/EA, che accreditano anche secondo specifiche tecniche o schemi nazionali/locali es: norme UNI o CEI, o documenti pre-normativi come PdR di UNI o CWA di CEN.”6.2.
Ne consegue che il requisito prescritto dalla disciplina di gara deve ritenersi qui soddisfatto dal RTI aggiudicatario già in ragione dell’espresso riferimento operato dalla lex specialis (anche) alla più ampia categoria degli enti nazionali unici di accreditamento firmatari degli accordi EA/MLA (e non ai soli enti unici nazionali di accreditamento degli Stati membri) e dell’avvenuta sottoscrizione di tali accordi, in relazione all’ambito di interesse (sistema di gestione ambientale accreditato ai sensi della norma UNI EN ISO/IEC 17021-1), dall’organismo unico nazionale che ha accreditato, per lo specifico settore del certificato richiesto, l’ente certificatore Advanced Certification Ltd.
6.2.1. L’ente UKAS è, infatti, firmatario dell’accordo EA/MLA nell’ambito, tra gli altri, della certificazione dei sistemi di gestione ambientale, come risulta dalla documentazione richiamata dalle appellanti (cfr. documento Signatories to the EA Multilateral Agreement, nonché elenco dei membri EA e firmatari MLA, consultabile al link https://european-accreditation.org/ea-members/directory-ofea-members-and-mla-signatories; scheda di accreditamento rilasciata da UKAS in favore di Advanced Certification Ltd, ricavabile attraverso il motore di ricerca presente nella sezione ‘Certificazione dei sistemi di gestione’: cfr. doc. 5 fascicolo di primo grado Sport e Salute)
6.3. Neanche può poi condividersi l’assunto della sentenza impugnata secondo cui il disciplinare di gara, laddove richiede la produzione di “certificato rilasciato da un organismo di certificazione accreditato da un Ente nazionale unico di accreditamento firmatario degli accordi EA/MLA”, intenderebbe riferirsi unicamente all’ “organismo nazionale di accreditamento” definito dal Regolamento CE n. 765/2008 quale <l’unico organismo che in uno Stato membro è stato autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento>.
6.3.1. Infatti, non depone in tal senso innanzitutto il tenore della richiamata norma del disciplinare di gara, che ha pianamente distinto, con previsione connotata dal forte valore disgiuntivo recato dalla congiunzione “oppure”, notoriamente utilizzata nel contesto di una frase per introdurre un’ipotesi diversa, i due requisiti alternativi richiesti perché possa ritenersi validamente accreditato un ente certificatore: ovvero l’ accreditamento da parte dell’“Ente nazionale unico di accreditamento firmatario degli accordi EA/MLA”– quale è certamente UKAS- “oppure” l’accreditamento da un ente “autorizzato a norma dell’art. 5 par. 2 del Regolamento (CE) n. 765/2008”.
Una siffatta interpretazione della lex specialis – oltre a non contrastare, come si evidenzierà, col sistema di accreditamento delineato dalle norme comunitarie- appare, tra l’altro, maggiormente conforme al criterio del favor partecipationis (per il quale, come è noto, in caso di dubbi interpretativi o a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola contenuta in un bando o in un disciplinare di gara, va sempre preferita la soluzione ermeneutica che consenta la massima partecipazione alla gara), oltre che ai principi generali di proporzionalità e ragionevolezza (cfr. sui criteri interpretativi di una legge di gara: Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2022, n. 4365; Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2022, n. 4731; Cons. Stato, V, 1 ottobre 2021, n. 6598; Consiglio di Stato, sez. III, 9 marzo 2022, n. 1698; Consiglio di Stato, sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1186).
6.3.2. In secondo luogo, la sentenza appellata è errata anche nella parte in cui esclude, ai fini del riconoscimento dell’equivalenza dei servizi di accreditamento resi dagli enti unici nazionali, la rilevanza dell’accordo EA/MLA (sottoscritto dallo stesso UKAS).
Infatti, se è vero che la normativa euro-unitaria ed interna in materia di appalti (art. 62 direttiva 2014/25/UE e art. 87 decreto legislativo n. 50 del 2016) delinea “un sistema pacificamente imperniato, con riguardo alle c.d. certificazioni di qualità, sul sistema di accreditamento di cui al Regolamento CE n. 765/2008”, come affermato dal più volte menzionato precedente di questa Sezione n. 4089/2023, il Collegio è dell’avviso che proprio quel sistema normativo consenta di riconoscere, nel rispetto di determinate condizioni, l’equivalenza dei servizi di accreditamento resi dal firmatario degli accordi EA/MLA rispetto ai servizi resi dagli organismi di accreditamento degli Stati membri, anche ai sensi e per gli scopi del Regolamento CE n. 765/2008.
6.4. Il Regolamento (CE) n. 765/2008 (recante “norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti”) definisce il quadro giuridico per l’organizzazione e il funzionamento del sistema europeo di accreditamento degli organismi di certificazione.
6.4.1. In particolare, al fine di garantire un elevato grado di protezione di interessi pubblici quali la salute, la sicurezza e la tutela dell’ambiente, il Regolamento ha introdotto lo strumento dell’«accreditamento», che definisce, all’art. 2, punto 10, come «l’attestazione da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità».
Scopo dell’accreditamento, come stabilito dal considerando 15 del Regolamento, è «attestare in modo autorevole la competenza di un organismo ad eseguire attività di valutazione della conformità» per cui «gli Stati membri non dovrebbero mantenere più di un organismo nazionale di accreditamento e dovrebbero garantire che tale organismo sia organizzato in modo da salvaguardare l’obiettività e l’imparzialità delle sue attività» (considerando 15).
6.4.2. Il Regolamento, per quanto qui rileva, prevede un sistema di accreditamento in cui è centrale il ruolo di European cooperation for accreditation (EA), organizzazione europea istituita ai sensi dell’art. 14 del Regolamento e riconosciuta dalla Commissione europea, “il cui compito principale è promuovere un sistema trasparente e fondato sulla qualità per valutare la competenza degli organismi di valutazione della conformità in tutta Europa, [e] gesti[re] un sistema di valutazione inter pares fra gli organismi nazionali di accreditamento degli Stati membri e di altri paesi europei” (considerando 23 del Regolamento).
6.4.3. Nel dettaglio, il considerando 23 del Regolamento stabilisce testualmente: «Il presente regolamento dovrebbe prevedere il riconoscimento di una singola organizzazione a livello europeo per quanto riguarda alcune funzioni nel settore dell’accreditamento. La cooperazione europea per l’accreditamento («EA»), il cui compito principale è promuovere un sistema trasparente e fondato sulla qualità per valutare la competenza degli organismi di valutazione della conformità in tutta Europa, gestisce un sistema di valutazione inter pares fra gli organismi nazionali di accreditamento degli Stati membri e di altri paesi europei. Tale sistema ha dimostrato di essere efficiente e di incoraggiare la fiducia reciproca. Pertanto, l’EA dovrebbe essere il primo organo riconosciuto a norma del presente regolamento e gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che i loro organismi nazionali di accreditamento aderiscano all’EA per tutto il tempo in cui essa sarà riconosciuta come tale.».
6.4.4. L’art. 10 del Regolamento disciplina la valutazione c.d. inter pares organizzata dall’organismo riconosciuto ai sensi dell’articolo 14, cui si sottopongono gli organismi nazionali di accreditamento, stabilendo che tale valutazione, gestita dall’EA e su cui si fonda il sistema europeo di accreditamento delineato dal Regolamento, è effettuata “sulla base di criteri e procedure validi e trasparenti, in particolare per quanto riguarda i requisiti in termini strutturali, di risorse umane e procedurali, la riservatezza e i reclami” (art. 10, par. 4 del Regolamento) ed accerta “se gli organismi nazionali di accreditamento soddisfino le condizioni stabilite dall’articolo 8, tenendo conto delle pertinenti norme armonizzate di cui all’articolo 11” (art. 10, par. 5 del Regolamento).
6.4.5. L’art. 8 del Regolamento prevede, infatti, che gli organismi di accreditamento soddisfino le seguenti condizioni:
“1) sono organizzati in modo che ne sia garantita l’indipendenza dagli organismi di valutazione della conformità da essi valutati, siano sottratti alle pressioni commerciali e non entrino in conflitto d’interesse con gli organismi di valutazione della conformità;
2) sono organizzati e gestiti in modo che sia salvaguardata l’obiettività e l’imparzialità delle loro attività;
3) operano in modo che ogni decisione riguardante l’attestazione di competenza sia presa da persone competenti diverse da quelle che hanno effettuato la valutazione;
4) adottano disposizioni atte a salvaguardare la riservatezza delle informazioni ottenute;
5) individuano le attività di valutazione della conformità per le quali sono competenti a effettuare l’accreditamento, rinviando, se del caso, alle pertinenti legislazioni e norme comunitarie o nazionali; 6) istituiscono le procedure necessarie per assicurare l’efficienza della gestione e l’adeguatezza dei controlli interni;
7) dispongono di un numero di dipendenti competenti sufficiente per l’esecuzione adeguata dei loro compiti;
8) documentano le funzioni, le responsabilità e i poteri del personale che potrebbe influenzare la qualità della valutazione e dell’attestazione di competenza;
9) istituiscono, applicano e aggiornano procedure per controllare le prestazioni e la competenza del personale;
10) verificano che le valutazioni della conformità siano eseguite in modo adeguato, evitando oneri inutili per le imprese e tenendo debitamente conto delle dimensioni, del settore e della struttura delle imprese, del grado di complessità della tecnologia dei prodotti e del carattere di massa o seriale del processo di produzione;
11) pubblicano annualmente resoconti oggetto di revisione contabile, in conformità dei principi di contabilità universalmente accettati”.
6.4.6. Dalle disposizioni sopra riportate emerge che oggetto della valutazione inter pares (c.d. peer evaluation) gestita dall’EA, la quale viene rinnovata periodicamente, sono, dunque, i sistemi, le procedure e le strutture dei singoli organismi nazionali di accreditamento.
6.4.7. In base al successivo art. 11 del Regolamento, le sopra elencate “condizioni di cui all’articolo 8 si presumono soddisfatte dagli organismi nazionali di accreditamento che, avendo superato con successo la valutazione inter pares di cui all’articolo 10, dimostrino la propria conformità con i criteri stabiliti nella pertinente norma armonizzata” (par. 1).
6.4.8. Il successivo paragrafo 2 dell’art. 11 del Regolamento prevede, a sua volta, che “Le autorità nazionali riconoscono l’equivalenza dei servizi prestati dagli organismi di accreditamento che abbiano superato con successo la valutazione inter pares di cui all’articolo 10 ed accettano quindi, sulla base della presunzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, i certificati di accreditamento di tali organismi e gli attestati rilasciati dagli organismi di valutazione della conformità da essi accreditati”.
6.4.9. Come si ricava da tale ultima previsione – la quale si riferisce in senso ampio agli “organismi di accreditamento” e va letta in connessione con il sopra riportato considerando 23 del Regolamento a mente del quale EA “gestisce un sistema di valutazione inter pares fra gli organismi nazionali di accreditamento degli Stati membri e di altri paesi europei” – il buon esito della valutazione (dei sistemi, procedure e strutture dell’organismo di accreditamento) rappresenta il prerequisito per il riconoscimento reciproco dei sistemi e dei certificati di accreditamento.
6.5. Orbene, tale riconoscimento reciproco viene “formalizzato” mediante la sottoscrizione, da parte degli organismi di accreditamento, di un accordo multilaterale, ossia l’accordo EA Multilateral Agreement (EA/MLA cui, come detto, si riferisce espressamente la previsione di cui all’art. 6.2. del disciplinare della presente gara) attraverso il quale i firmatari, all’esito della positiva valutazione inter pares, riconoscono e accettano l’equivalenza dei sistemi gestiti dagli organismi di accreditamento, nonché l’affidabilità dei risultati della valutazione della conformità forniti dagli organismi certificatori (CAB) accreditati dai firmatari. 6.5.1. Ne consegue che il sistema di accreditamento delineato dal Regolamento riconosce, oltre agli organismi di accreditamento degli Stati membri (secondo la sopra riportata definizione di cui all’art. 2 par. 11,), anche gli organismi di accreditamento degli altri Stati europei che abbiano superato con successo la valutazione inter pares di cui all’art. 10: in tal caso le autorità nazionali riconoscono l’equivalenza dei sistemi, delle procedure e delle strutture impiegate da tali organismi “ed accettano quindi […] i certificati di accreditamento di tali organismi e gli attestati rilasciati dagli organismi di valutazione della conformità da essi accreditati” (v. art. 11, par. 2 del Regolamento in combinato disposto con il considerando 23).
6.5.2. Come infatti evidenzia la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio ed al Comitato Economico e Sociale Europeo del 5 dicembre 2022 (doc. 10 depositato da UKAS) “il sistema di valutazione “inter pares” è inteso a garantire la coerenza e l’equivalenza delle prassi di accreditamento in tutta Europa, affinché le autorità pubbliche nazionali e gli operatori del mercato in senso lato riconoscano reciprocamente i servizi forniti dagli organismi di accreditamento che superano con successo la valutazione “inter pares” e accettino quindi i certificati di accreditamento di tali organismi e gli attestati rilasciati dagli organismi di valutazione della conformità da essi accreditati”.
6.5.3. Pertanto, poiché l’organismo di accreditamento UKAS ha positivamente superato la valutazione inter pares (l’ultima delle quali è avvenuta nel mese di maggio 2021, con rivalutazione prevista nel mese di novembre 2024), formalizzando il positivo esito di tale valutazione mediante la sottoscrizione dei c.d. accordi EA/MLA, non si ravvede, anche sotto tale profilo, alcuna valida ragione per privare di validità il certificato rilasciato da Advanced Limited Ltd, organismo di valutazione della conformità accreditato da UKAS.
6.5.4. Conferma tali conclusioni anche la disciplina, europea e interna, in materia di appalti pubblici.
6.5.5. Segnatamente, l’art. 44, par. 1, della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici prevede che: “Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che gli operatori economici presentino, come mezzi di prova di conformità ai requisiti o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazione o alle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto, una relazione di prova di un organismo di valutazione della conformità o un certificato rilasciato da un organismo di valutazione della conformità. Le amministrazioni aggiudicatrici che richiedono la presentazione di certificati rilasciati da uno specifico organismo di valutazione della conformità accettano anche i certificati rilasciati da altri organismi di valutazione della conformità equivalenti. Ai fini del presente paragrafo, per «organismo di valutazione della conformità» si intende un organismo che effettua attività di valutazione della conformità, comprese calibratura, prove, ispezione e certificazione, accreditato a norma del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
6.5.6. L’art. 87, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Certificazioni della qualità”), a sua volta, stabilisce che: “Le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, fanno riferimento al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all’articolo 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia, certificate da organismi accreditati per lo specifico scopo, ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
6.5.7. Ebbene, dalla richiamata disciplina- tanto comunitaria, quanto nazionale- si evince che il legislatore non ha indicato le condizioni alle quali le amministrazioni aggiudicatrici debbano attenersi nel richiedere ai partecipanti alle procedure di gara le certificazioni ai fini della comprova del rispetto di determinati sistemi di gestione ambientale, ma si è limitato a prescrivere che le norme prese a riferimento siano quelle dei sistemi di garanzia delle qualità basate sulle norme europee e – soprattutto – che il rispetto di tali qualità sia certificato da organismi di valutazione della conformità accreditati “a norma del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio” (Dir. 2014/24/UE) o “ai sensi del regolamento” (Codice dei contratti pubblici n. 50 del 2016).
6.5.8. L’ampia dizione impiegata, sia dal legislatore comunitario sia da quello nazionale, non può allora che intendersi riferita al complessivo sistema di accreditamento delineato dal Regolamento, ivi incluso il meccanismo di equivalenza previsto dall’art. 11 il quale è rivolto agli organismi di accreditamento degli Stati membri e di altri paesi europei che abbiano superato con successo una valutazione inter pares (al fine di accertare il rispetto da parte dei medesimi enti dei relativi sistemi, procedure e strutture, nonché delle condizioni fissate dall’art. 8 del Regolamento), sottoscrivendo, all’esito, gli accordi multilaterali EA/MLA; ne consegue la validità, nella materia degli appalti pubblici, dei certificati rilasciati da enti accreditati da tali organismi di accreditamento.
6.6. Nel caso di specie, la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea non impatta, dunque, sulle attività degli organismi e dei laboratori accreditati dall’ente UKAS: infatti, non solo quest’ultimo ha ottenuto il predetto riconoscimento di ente di accreditamento “inter pares” e conserva la sua qualità di firmatario dell’accordo multilaterale EA in ambito europeo (alla cui sottoscrizione ha partecipato anche Accredia, ente nazionale di accreditamento italiano), il che garantisce l’equivalenza delle caratteristiche e delle qualità del sistema di accreditamento gestito dal UKAS rispetto agli organismi nazionali degli Stati membri, ma la medesima European cooperation for Accreditation ha modificato il proprio Statuto al fine di permettere ad UKAS di mantenere lo status di full member dei network internazionali di accreditamento EA (cfr. T.a.r. Salerno, 5 maggio 2021, 1132, confermata in appello da Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2022, n. 1401).
6.6.1. A sostegno di tale interpretazione si pongono anche le ulteriori argomentazioni offerte dalla stessa interveniente UKAS che consentono di apprezzare la rilevanza e la portata degli accordi multilaterali sottoscritti da EA ai fini del mutuo riconoscimento degli accreditamenti e delle certificazioni riconosciute equivalenti al sistema europeo di accreditamento in base alla citata valutazione inter pares (secondo il principio “Accredited once, accepted everywhere” ovvero “accreditato una volta, accettato ovunque”).
6.6.2. In particolare, UKAS ha depositato in atti una serie di missive indirizzate a tale ente dalla stessa EA, successivamente alla citata pronuncia di questo Consiglio di Stato n. 4089/2023, in cui EA, oltre a precisare la valenza interpretativa delle risposte fornite in quella sede, ribadendo che “ogni interpretazione relativa al Regolamento 765/2008 è di spettanza della Commissione Europea e/o della Corte Europea di Giustizia” (cfr. nota del 17 maggio 2023), ha inviato, in data 18 maggio 2023, ai propri membri una comunicazione del seguente tenore (cfr. atto di intervento di UKAS pag. 6 e allegato 6):
“[…] A gennaio 2021 EA ha rilasciato una dichiarazione sulle conseguenze della Brexit e sul mantenimento del riconoscimento di UKAS come parte dell’EA MLA. Questa dichiarazione si trova al seguente link: EA-UKAS-MLA-Statement-27Jan2021.pdf (https://european-accreditation.org/ea-and-brexit/)
L’Accordo Multilaterale EA (EA MLA) è un accordo multilaterale tra i membri dell’EA in base al quale i firmatari riconoscono e accettano:
(a) l’equivalenza dei sistemi di accreditamento gestiti dai firmatari;
(b) L’affidabilità dei risultati della valutazione di conformità (ad esempio, una relazione o un certificato) forniti dalle Agenzie di Certificazione Accreditate dai firmatari nell’ambito di applicazione pertinente.
EA si impegna a sostenere i principi di riconoscimento reciproco tra gli organismi nazionali di accreditamento che sono alla base dell’MLA EA.”
6.6.3. Nello specifico, a comprova della portata di tali accordi di mutuo riconoscimento, EA ha pubblicato sul proprio sito web istituzionale il già menzionato comunicato “Dichiarazione di EA sul mantenimento del riconoscimento di UKAS ai sensi dell’EA MLA – 27 gennaio 2021” secondo cui: “In qualità di firmatari dell’EA MLA, il sistema di accreditamento gestito da UKAS continua ad essere accettato dagli altri firmatari come equivalente al proprio sistema di accreditamento e dichiarano, quando richiesto, i risultati delle valutazioni di conformità (ad es. rapporti o certificati) emessi da CAB accreditati da UKAS per il ambito pertinente all’EA MLA, all’ILAC Mutual Recognition Arrangement (ILAC MRA) e all’IAF Multilateral Recognition Arrangement (IAF MLA) affidabili come quelli emessi dai CAB da loro stessi accreditati.”.
6.6.4. UKAS ha poi richiamato, depositandoli in atti, una serie di documenti ufficiali dell’European Cooperation for accreditation (in particolare: EA-INF/04:2020 Dichiarazione sull’accettazione e riconoscimento delle attività previste dagli Accordi Multilaterali EA -doc. 11-; EA-1/06 A: AB 2022 – Accordo Multilaterale EA. Criteri di sottoscrizione. Direttiva e procedura di sviluppo– doc. 12; EA-2/02 M:2022 EA Procedura per la valutazione degli Organismi di Accreditamento Nazionali – doc. 13; EA-1/13 A:2022 Relazione tra EA e gli organismi di accreditamento nazionale di paesi che non sono membri dell’Unione Europea o dell’EFTA – doc. 14-; EA 1/17 A:2022 Regole di Procedura, doc. 15), dai quali emerge come il fine ultimo degli accordi multilaterali sottoscritti dall’EA sia quello di favorire il mutuo riconoscimento degli enti di accreditamento che garantiscano l’equivalenza dei rispettivi sistemi, procedure e strutture, per cui ciascun organismo di accreditamento nazionale che sia firmatario di un siffatto accordo multilaterale si obbliga a:
– ” promuovere l’accettazione internazionale dei risultati delle valutazioni di conformità (ad esempio relazioni o certificati) rilasciate dalle autorità di certificazione accreditate dagli organismi di accreditamento firmatari dell’EA MLA” (cfr. EA-1/06 5. Requisiti per la firma dell’MLA/EA);
– dichiarare, qualora richiesti, che i risultati di verifica di conformità (per esempio rapporti e certificazioni) rilasciati da organismi di verifica della conformità (CAB) accreditati da organismi di accreditamento che sono firmatari degli accordi multilaterali EA sono affidabili alla stregua di quelli rilasciati da CAB da loro stessi accreditati.
6.6.5. Insomma, dal complesso di tali evidenze emerge che il sistema di accreditamento gestito dagli organismi firmatari dell’accordo EA MLA, che abbiano positivamente superato la valutazione inter pares di cui all’art. 10 del Regolamento n. 765/2008, è accettato dagli altri firmatari come equivalente al proprio sistema di accreditamento, con quanto ne consegue sul piano della pari affidabilità, reciprocamente riconosciuta, ai risultati forniti dagli organismi della valutazione della conformità accreditati dai medesimi firmatari dell’accordo.
6.7. Né argomenti a supporto della sentenza appellata possono trarsi dalla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 6 maggio 2021, nella causa C-142/20: e ciò per due ordini di ragioni.
6.7.1. Innanzitutto, con la menzionata decisione la Corte di Giustizia ha stabilito che l’articolo 4, paragrafi 1 e 5, e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008 devono essere interpretati nel senso che essi ostano all’interpretazione di una legislazione nazionale secondo la quale l’attività di accreditamento può essere svolta da organismi diversi dall’unico organismo nazionale di accreditamento, designato ai sensi dello stesso regolamento, aventi sede in uno Stato terzo, quand’anche tali organismi garantiscano il rispetto delle norme internazionali e dimostrino, in particolare mediante accordi di mutuo riconoscimento, di essere in possesso di una qualifica equivalente a quella di detto unico organismo nazionale di accreditamento.
In altri termini, la Corte di Giustizia ha statuito che “ciascuno Stato membro è tenuto a designare un unico organismo nazionale di accreditamento e che gli organismi di valutazione della conformità sono tenuti, in linea di principio, a chiedere l’accreditamento presso tale organismo” (cioè presso l’organismo nazionale di accreditamento dello Stato membro in cui esso è stabilito, salve le eccezioni previste dall’art. 7 del Regolamento), ribadendo così soltanto l’unicità del ruolo dell’ente nazionale di accreditamento e il conseguente obbligo degli organismi di valutazione di conformità stabiliti in uno Stato membro (nella specie si trattava di un laboratorio di analisi con sede in Italia) di richiedere l’accreditamento esclusivamente a tale ente nazionale.
Si tratta, a ben vedere, di un principio che non rileva nel caso in esame nel quale non è in discussione – come invece nel caso trattato dalla Corte di giustizia (che riguardava la validità dell’accreditamento di un laboratorio di analisi, operante in Italia quale organismo di valutazione della conformità delle imprese alimentari, rilasciato da parte di un organismo con sede negli Stati Uniti, piuttosto che da Accredia) – che l’organismo di valutazione della conformità (nella specie, Advanced Certification Ltd) sia stato accreditato dall’ Ente unico nazionale di accreditamento dello Stato in cui detto organismo è stabilito (e cioè UKAS), ma si verte della diversa questione afferente alla validità, ai fini della partecipazione a una gara pubblica, della certificazione rilasciata a una concorrente da quell’organismo di valutazione della conformità, proprio in quanto accreditato da UKAS.
Per converso, la richiamata sentenza della Corte di Giustizia ha unicamente precisato che solo l’Ente unico nazionale può svolgere attività di accreditamento nei confronti degli organismi di valutazione in esso stabiliti, ma non afferma affatto che i certificati emessi da organismi accreditati da altro Ente nazionale di accreditamento non siano validi in Stati dell’Unione diversi da quello in cui ha sede l’Ente di accreditamento (si veda anche in tal senso Delibera ANAC n. 498 del 25 ottobre 2022).
6.7.2. In secondo luogo, il caso sottoposto all’attenzione della Corte di giustizia riguardava lo specifico accordo di mutuo riconoscimento extra europeo- ILAC- e non il diverso accordo EA/MLA (espressamente richiamato dal Disciplinare di gara), il quale formalizza il mutuo riconoscimento dell’equivalenza dei servizi prestati dagli organismi di accreditamento, sia degli Stati membri che di altri Paesi europei, che hanno superato con successo la valutazione inter pares volta a verificare il rispetto, da parte dell’organismo di accreditamento, delle condizioni fissate dall’art. 8 del Regolamento e, si torna a ribadire, è sottoscritto solo all’esito di tale positiva valutazione degli organismi di accreditamento da parte di EA.
6.7.3. Pertanto, tirando le fila del discorso, i principi affermati dalla richiamata decisione non consentono di pervenire ad opposte conclusioni circa la validità della certificazione prodotta dalla mandante del raggruppamento aggiudicatario.
6.7.4. Infatti, nel caso deciso dalla menzionata sentenza la Corte di Giustizia escluse che l’attività di accreditamento di un ente avente sede negli Stati Uniti potesse essere considerata equivalente a quella svolta in Italia da Accredia, in ragione della loro qualità di membri dell’International Laboratory Accreditation Cooperation (ILAC), evidenziando che “l’adesione a un simile accordo di mutuo riconoscimento non consente di garantire che l’organismo di accreditamento soddisfi i requisiti previsti dal regolamento n. 765/2008. È vero che i firmatari dell’accordo di mutuo riconoscimento dell’ILAC devono dimostrare di soddisfare le norme internazionali ISO relative ai requisiti imposti agli organismi di accreditamento degli organismi di valutazione della conformità, nonché requisiti supplementari, in particolare in termini di esperienza. Nondimeno, tali requisiti non corrispondono a quelli stabiliti da tale regolamento, attinenti segnatamente al fatto che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 5, dello stesso, tali organismi nazionali di accreditamento svolgono un’attività di autorità pubblica nel rispetto dei requisiti elencati all’articolo 8 di detto regolamento, in particolare di indipendenza, imparzialità e competenza” (paragrafo 43).
6.7.5. Semmai la decisione della Corte di giustizia conduce a conclusioni opposte rispetto a quelle raggiunte dal primo giudice, ove si ponga mente al passaggio argomentativo della motivazione secondo cui: “l’accordo di mutuo riconoscimento dell’ILAC riguarda il riconoscimento dei certificati di conformità rilasciati da enti accreditati da firmatari dell’accordo, al fine di facilitare il commercio internazionale, e non quello dell’equivalenza delle qualifiche degli organismi nazionali di accreditamento, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 765/2008” (paragrafo 44).
6.7.6. Tale statuizione delinea, invero, una netta distinzione tra l’adesione di un ente di accreditamento agli accordi internazionali extra europei (come ILAC), che non garantiscono che l’Ente di accreditamento soddisfi i requisiti previsti dal Regolamento CE 765/2008, e l’equivalenza delle qualifiche degli organismi nazionali di accreditamento, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 765/2008, che, viceversa, assicura la corrispondenza dei requisiti dell’ente di accreditamento ai requisiti stabiliti dal menzionato Regolamento europeo, attinenti segnatamente al fatto che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 5, tali Enti nazionali di accreditamento svolgono un’attività di autorità pubblica nel rispetto dei requisiti elencati all’articolo 8 del Regolamento e, in particolare, dei requisiti di indipendenza, imparzialità e competenza, con quanto ne consegue ai fini del reciproco riconoscimento dei certificati di accreditamento rilasciati dagli enti firmatari degli accordi multilaterali EA/MLA.
6.7.7. ILAC e EA sono, infatti, meccanismi diversi: nel secondo caso si ha una valutazione inter pares che porta al riconoscimento ex art. 11, paragrafo 2, del Regolamento anche degli organismi nazionali di accreditamento di Paesi europei non appartenenti all’Unione Europea, come il Regno Unito dopo la Brexit. Non può dunque escludersi la validità, in base agli stessi principi espressi per gli accordi ILAC, dei certificati provenienti da organismi certificatori accreditati dagli enti nazionali di accreditamento firmatari dell’accordo EA/MLA (stipulato da UKAS e pacificamente ammesso dal disciplinare di gara).
6.7.8. Del resto, non può neanche sottacersi che, come argomentato dalle appellanti, già in precedenti occasioni la giurisprudenza nazionale ha condiviso una siffatta interpretazione.
6.7.9. In particolare, in un giudizio in cui era controversa la validità, ai fini dell’attribuzione del relativo punteggio, di certificati rilasciati da organismi di valutazione accreditati presso il proprio ente unico nazionale di accreditamento operante in Svizzera, questo Consiglio di Stato ha ritenuto le certificazioni idonee ad accertare il sistema di qualità della concorrente, in quanto provenienti “da organismi certificatori accreditati, secondo il proprio rispettivo diritto interno e presso i propri enti nazionali di accreditamento, firmatari degli accordi multilaterali ex art. 14 del Regolamento CE 765/2008 e facenti parte di EA” (Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2021, n. 5513).
La richiamata decisione ha quindi ritenuto che l’interpretazione del sistema normativo che impone alle stazioni appaltanti il riconoscimento dei certificati equivalenti risponde “all’esigenza di favorire la più ampia partecipazione alle gare degli operatori economici in condizioni di parità e di non discriminazione”, mentre l’opposta opzione ermeneutica si espone alla palese violazione dei principi di concorrenza e parità dei concorrenti.
Infatti, come rammentato nel richiamato precedente, la giurisprudenza ha chiarito, nell’ambito di giudizi aventi ad oggetto la legittimità di clausole del disciplinare che prescrivevano il possesso di determinate certificazioni aggiuntive rispetto a quelle minime previste, che “…si deve quindi riconoscere alle imprese partecipanti a gare d’appalto di provare con ogni mezzo ciò che costituisce oggetto della certificazione richiesta dalla stazione appaltante, pena altrimenti, in primo luogo, l’introduzione di una causa amministrativa di esclusione in contrasto con una chiara disposizione di legge; ed inoltre la previsione di sanzioni espulsive sproporzionate rispetto alle esigenze delle amministrazioni aggiudicatrici, le quali devono esclusivamente poter confidare sull’effettivo possesso dei requisiti di qualità aziendale o – per venire al caso di specie – sul rispetto delle norme sulla responsabilità sociale delle imprese” (Cons. Stato, Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2455; sez. V, 12 novembre 2013, n. 5375).
6.8. Il Collegio ritiene, infine, che non si ravvisa l’obbligo per questo giudice di sottoporre alla Corte di Giustizia le questioni interpretative sul diritto dell’Unione prospettate dalle parti appellanti, dovendosi ritenere, alla luce del complesso delle motivazioni sopra esposte, che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi (c.d. teoria dell’atto chiaro, su cui si veda Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 6 ottobre 2021, C- 561/19).
6.8.1. Infatti, l’esame complessivo della normativa, eurounitaria e interna, in materia di appalti consente di ritenere in maniera adeguatamente chiara che la sottoscrizione degli accordi EA MLA (European cooperation Multilateral Agreement), per lo specifico settore del certificato richiesto ai fini della partecipazione alla gara d’appalto, abiliti l’Ente unico nazionale di un Paese europeo a fornire il servizio di accreditamento degli enti di certificazione in modo equivalente agli organismi nazionali degli Stati membri. Di conseguenza, le certificazioni di qualità rilasciate da organismi stranieri accreditati dall’Ente unico nazionale di accreditamento di altro Stato europeo, firmatario dell’accordo EA MLA, qual è l’ente britannico UKAS, sono equivalenti alle certificazioni di qualità rilasciate da organismi accreditati dagli enti nazionali degli Stati membri (cfr. nello stesso senso Delibera ANAC n. 498 del 25 ottobre 2022 che richiama Cons. di Stato, V, 22 luglio 2021, n. 5513 cit.; si veda anche Comunicato del Presidente dell’ANAC del 9 giugno 2021). L’opposta conclusione sulla non idoneità, nella specie, delle certificazioni rilasciate dall’organismo di valutazione della conformità, oltre a non trovare fondamento nella sopra citata sentenza della Corte di Giustizia, potrebbe contrastare con l’art. 87 del Codice, con il Regolamento CE n. 765/2008 e con i principi di concorrenza, non discriminazione e mutuo riconoscimento. 6.9.1. Pertanto, nel caso in esame la stazione appaltante ha legittimamente ritenuto valida la certificazione di conformità al sistema di gestione ambientale rilasciata da un organismo accreditato dal proprio ente unico nazionale, firmatario dell’accordo di mutuo riconoscimento EA Multilateral Agreement (EA MLA), come espressamente previsto dal disciplinare di gara, in alternativa alla certificazione proveniente dall’Ente nazionale unico di accreditamento “autorizzato a norma dell’art. 5, par. 2 del Regolamento (CE) n. 765/2008”.