Massima Sentenza
“… il chiaro dettato normativo recato dall’art. 96, comma 10, lett. c, del D. Lgs. n. 36 del 2023, secondo il quale la causa di esclusione di cui al precedente art. 95, comma 1, lett. e – relativa all’ipotesi che “l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati” – rileva “per tre anni decorrenti rispettivamente (…) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi” (cfr., di recente, T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 17 maggio 2024, n. 421)...Per quanto evidenziato, risulta illegittimo il modus procedendi del Seggio di gara che ha valutato, in sede di verifica di affidabilità della ricorrente, anche le risoluzioni intervenute oltre il triennio di riferimento, essendo le stesse del tutto irrilevanti e non sussistendo nemmeno il relativo obbligo dichiarativo in capo al partecipante (Consiglio di Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7857; V, 16 gennaio 2023, n. 531; V, 27 gennaio 2022, n. 575)...”
“…La motivazione posta a fondamento dell’esclusione della ricorrente è oltre che illegittima, anche contraddittoria e non coerente con le risultanze emergenti dal procedimento.
Difatti, sotto un primo profilo, la Stazione appaltante, pur dando correttamente atto che le risoluzioni contrattuali antecedenti al triennio in cui è stata bandita la gara – ovvero quelle disposte dal Comune di …, in data …e …, e da … nel 2019 – non potessero essere prese in considerazione, contraddittoriamente poi le ha comunque valutate al fine di verificare la complessiva affidabilità e idoneità della ricorrente, ritenendo di dover considerare anche il suo pregresso comportamento oltre il richiamato periodo triennale; l’effettuazione di una valutazione di così ampio spettro è stata confermata anche in sede di memoria difensiva dell’Avvocatura erariale (cfr. pagg. 8 e ss.).
Ciò tuttavia si pone in contrasto con il chiaro dettato normativo recato dall’art. 96, comma 10, lett. c, del D. Lgs. n. 36 del 2023, secondo il quale la causa di esclusione di cui al precedente art. 95, comma 1, lett. e – relativa all’ipotesi che “l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati” – rileva “per tre anni decorrenti rispettivamente (…) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi” (cfr., di recente, T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 17 maggio 2024, n. 421).
Pertanto, a fronte di una espressa previsione di legge – non derogata dal successivo art. 98, comma 7, come ritenuto dall’Avvocature erariale, considerato il suo espresso richiamo nell’art. 95, comma 1, lett. e, che impone il rispetto del termine di efficacia triennale –, non è consentito all’Amministrazione procedente integrarne la portata e sostanzialmente darne una lettura abrogante, pena l’illegittimità del provvedimento adottato. Di conseguenza, è precluso alla Stazione appaltante estendere il proprio controllo a fattispecie che si collocano al di fuori dell’ambito temporale individuato dalla norma, ponendosi ciò anche in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e di interpretazione restrittiva delle stesse, in quanto deve prevalere il principio del favor partecipationis (cfr. Consiglio di Stato, IV, 31 maggio 2023, n. 5393; III, 14 maggio 2020, n. 3084; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 20 giugno 2024, n. 1901; IV, 11 giugno 2024, n. 1764; IV, 27 febbraio 2023, n. 494).
Peraltro appare condivisibile anche la ratio che ha ispirato tale norma – che trova un diretto riferimento nella Direttiva 2014/24/UE (art. 57, par. 7) – visto che, in considerazione dell’ampio spettro operativo della stessa, si è ritenuto di limitarne la rilevanza a un arco temporale triennale, il cui superamento determina l’impossibilità di ritenere “dubbia” l’affidabilità dell’impresa; in tal modo si scongiura altresì l’eccessiva (sproporzionata e irragionevole) estensione dei correlati obblighi dichiarativi posti in capo al concorrente (cfr. Consiglio di Stato, V, 5 luglio 2023, n. 6584).
Per quanto evidenziato, risulta illegittimo il modus procedendi del Seggio di gara che ha valutato, in sede di verifica di affidabilità della ricorrente, anche le risoluzioni intervenute oltre il triennio di riferimento, essendo le stesse del tutto irrilevanti e non sussistendo nemmeno il relativo obbligo dichiarativo in capo al partecipante (Consiglio di Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7857; V, 16 gennaio 2023, n. 531; V, 27 gennaio 2022, n. 575).
2.2. Venendo in rilievo quindi un solo episodio di risoluzione contrattuale, lo stesso non avrebbe potuto (e dovuto) rappresentare un indice (adeguato) di inaffidabilità dell’operatore, tranne che non fosse stata dimostrata la ricorrenza di peculiari e rilevanti elementi che, per connotazione o gravità, potevano indurre la Stazione appaltante a orientarsi diversamente; ove ci si fosse trovati al cospetto di tale ultima situazione sarebbe stato necessario evidenziarla attraverso l’esternazione di una motivazione particolarmente approfondita e puntuale, effettuata sulla scorta di una adeguata istruttoria. L’art. 98 del D. Lgs. n. 36 del 2023 infatti, con riguardo al procedimento diretto all’esclusione dell’operatore ritenuto inaffidabile, impone il ricorso a mezzi di prova adeguati, ponendo l’onere della loro individuazione a carico della Stazione appaltante…”