È dunque vincolato l’esito della dovuta esclusione dell’offerta proposta in spregio degli obblighi retributivi minimi, indipendentemente dalla congruità dell’offerta valutata nel suo complesso; in ciò sostanziandosi il novum rispetto alla pregressa disciplina. Ai sensi della disciplina vigente, una determinazione complessiva dei costi basata su un costo del lavoro inferiore ai livelli economici minimi per i lavoratori del settore costituisce, per ciò solo, indice di inattendibilità economica dell’offerta e di lesione del principio della par condicio dei concorrenti nonché è fonte di un pregiudizio per le altre imprese partecipanti alla gara che abbiano correttamente valutato i costi delle retribuzioni da erogare.
TAR Campania Napoli, Sez. V, 14.07.2022, n. 4771
“…Diversamente, colgono nel segno sia la quinta che la sesta delle articolate censure, da scrutinarsi congiuntamente in quanto unitariamente volte a contestare l’analisi condotta dalla stazione appaltante in ordine all’offerta economica presentata dall’aggiudicatario, ravvisandosi il suo disallineamento rispetto al paradigma normativo posto dalla lettura sistematica degli artt. 95 e 97 del D.lgs. N 50/2016, poiché la detta stazione appaltante non aveva, da un lato, rilevato che il dichiarato costo della manodopera era inferiore ai livello minimo salariale previsto dal prescelto CCNL ove rapportato all’effettivo fabbisogno del servizio e, dall’altro, aveva omesso di sottoporre l’offerta presentata al procedimento di verifica dell’anomalia.
Converrà al riguardo chiarire come l’art. 97 del d. lgs 50/2016 prevede che la Stazione Appaltante debba escludere il concorrente la cui offerta sia stata sottoposta a verifica se il concorrente non giustifichi il basso livello dei prezzi e dei costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4, ovverosia allorquando sia stato accertato che l’offerta è anormalmente bassa, in quanto, tra l’altro, non rispetti gli obblighi di cui all’art. 30, comma, 3 lett. a), essendo il costo del personale inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23 comma 16 del Codice medesimo.
Tale ultima previsione, in conformità all’art. 86, comma 3 bis, del previgente codice dei contratti, contempla il costo del lavoro “determinato annualmente in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”.
In buona sostanza, il rinvio operato dall’art. 97, comma 5, lett. a), all’art. 30, comma 3, implica che, nella esecuzione degli appalti pubblici, gli operatori economici sono obbligati a rispettare le norme poste a tutela dei diritti sociali, ambientali e del lavoro, essendo preciso obbligo della stazione appaltante chiedere i necessari giustificativi in sede di verifica sull’anomalia dell’offerta.
È dunque vincolato l’esito della dovuta esclusione dell’offerta proposta in spregio degli obblighi retributivi minimi, indipendentemente dalla congruità dell’offerta valutata nel suo complesso; in ciò sostanziandosi il novum rispetto alla pregressa disciplina.
In altri termini, la ratio delle citate disposizioni di legge risponde a finalità di tutela dei lavoratori e, quindi, a valori sociali e di rilievo costituzionale; anzi, proprio perché la qualità del servizio offerto dipende anche dall’utilizzo di personale qualificato ed equamente retribuito, le norme devono essere interpretate nel senso che l’obbligo di indicare costi di lavoro conformi ai valori economici previsti dalla normativa vigente debba valere ed essere apprezzato con particolare rigore. Assume pertanto rilievo decisivo ai fini del decidere la circostanza se i costi indicati risultino congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori o dei servizi, per la cui valutazione si utilizzano i valori riportati nelle tabelle ministeriali.
Invero, la linea ermeneutica del nuovo sistema di tutela deve essere condivisa proprio all’esito della lettura della stessa direttiva 24/2014 UE (art. 69); da un esame testuale e sistematico emerge che la ratio del nuovo codice è chiaramente orientata per il rigoroso rispetto dei diritti minimi laddove involgano i primari interessi ambientali, sociali e, come nel caso di specie, lavoristici.
Può oramai convenirsi che il costo del lavoro è indice di anomalia dell’offerta quando non risultino rispettati i livelli salariali che la normativa vigente rende obbligatori.
Ai sensi della disciplina vigente, una determinazione complessiva dei costi basata su un costo del lavoro inferiore ai livelli economici minimi per i lavoratori del settore costituisce, per ciò solo, indice di inattendibilità economica dell’offerta e di lesione del principio della par condicio dei concorrenti nonché è fonte di un pregiudizio per le altre imprese partecipanti alla gara che abbiano correttamente valutato i costi delle retribuzioni da erogare. Va, per esempio (T.A.R. Umbria, 09/03/2018, n. 166), esclusa dalla procedura di gara perché incongrua quell’offerta che non sia stata sufficientemente suffragata in sede di giustificativi prodotti nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, non consentendosi di “ricavare i livelli retributivi ed i corrispondenti minimi salariali da raffrontare alle vigenti tabelle ministeriali di cui all’art. 97 comma 5, lett. d) del D. Lgs. n. 50/2016″…”