Il provvedimento di incameramento della “garanzia definitiva” prestata, in virtù dell’art. 103 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, non è affatto conseguenziale a qualsiasi risoluzione contrattuale, bensì solo alla pronuncia della risoluzione in danno per inadempienze negoziali. Inadempimenti che dunque devono essere sia imputabili all’aggiudicatario, sia pregiudizievoli all’amministrazione procedente.

TAR Puglia Bari, Sez. II, 10.02.2023, n. 291

Quale Giudice devo adire per contestare l’escussione della garanzia definitiva? TAR Lazio Roma, Sez. II Bis, 31.01.2023, n. 1700

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Per quanto riguarda la natura e funzione della “garanzia definitiva” prevista dall’art. 103, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, va pur detto che essa è – come expressis verbis recita il testo normativo – precipuamente posta: “[…] a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse […]. La garanzia cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione”.

In base all’art. 103, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50: “Le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi della cauzione […], per l’eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori, servizi o forniture nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell’esecutore […]”.

Da tali disposizione emerge, claris verbis, come la funzione della “garanzia definitiva” sia quella di assicurare, da un lato, l’adempimento del contratto di appalto stipulato e, dall’altro lato, quella di tenere indenne l’amministrazione dagli oneri conseguenti al pronunciamento di risoluzioni in danno dell’appaltatore disposte per inadempienza contrattuale di questi. Ovverosia, la causa di risoluzione tutelata è quella riconducibile alla corretta esecuzione delle obbligazioni negoziali ed opera, per così dire, “all’interno” del contratto.

Diverso è, invece, il caso della risoluzione (o rectius recesso), che sia pronunciata, a causa del factum principis costituito dal sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo, che, al contrario, opera “all’esterno” del contratto, precludendone l’ulteriore corso. In tal caso, solo la richiesta – epperò in modo tempestivo – di misure di mitigazione, qual è il “controllo giudiziario”, ai sensi dell’art. 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011 -OMISSIS-59, può salvaguardare l’operatività del soggetto interessato (T.A.R. Puglia, sez. II, 16 dicembre 2022 -OMISSIS-738).

Nella fattispecie concreta, l’ammissione al rimedio del “controllo giudiziario” è stato richiesto solo dopo l’ordinanza di rigetto della Sezione delle domandate misure cautelari e, comunque sia, dopo la pronuncia delle due risoluzioni contrattuali, ai sensi dell’art. 108, comma 2, lett. b), d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, da parte dei due enti locali.

Tuttavia, il provvedimento di incameramento della “garanzia definitiva” prestata, in virtù dell’art. 103 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, non è affatto conseguenziale a qualsiasi risoluzione contrattuale, bensì solo alla pronuncia della risoluzione in danno per inadempienze negoziali. Inadempimenti che dunque devono essere sia imputabili all’aggiudicatario, sia pregiudizievoli all’amministrazione procedente.

Sul punto, invero, v’è contrasto in giurisprudenza. Nel senso che la risoluzione-recesso del contratto di appalto affidato, a seguito della “sopravvenienza” dell’interdittiva antimafia, non comporti affatto di per se stesso l’incameramento della “cauzione definitiva” è la giurisprudenza che il Collegio ritiene preferibile (Cons. St., sez. IV, 15 dicembre 2021 n. 8367; T.A.R. Sardegna, sez. Cagliari, sez. I, 23 gennaio 2020 n. 48; T.A.R. Emilia-Romagna, sez. II, 13 maggio 2015 n. 461; Idem 29 aprile 2015 n. 46). Mentre, altra giurisprudenza (Cons. St., sez. III, 21 giugno 2022 n. 5093) “dilata” la nozione di inadempimento contrattuale fino ad includervi il sopraggiungere del “fatto esterno” dell’interdittiva antimafia, senza distinguere tra “cauzione provvisoria” (art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 cit.) e “cauzione definitiva” (art. 103 d.lgs. n. 50 cit.).

Più rispondente alla lettura, anche sistematica delle norme, e alla ratio delle disposizioni normative sopra riportate è invece la tesi che ritiene che, a seguito della sopravvenienza dell’interdittiva, debba, finché sia operativa, escutersi la “garanzia provvisoria” (data cioè a corredo dell’offerta economica ex art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 cit.), perché questa tutela dalla mancata sottoscrizione del contratto, dopo il provvedimento di aggiudicazione, dovuta ad ogni fatto che sia riconducibile all’affidatario, ivi comprendendosi expressis verbis anche “l’adozione di informazione antimafia interdittiva” (Cons. St., Ad. plen., 26 aprile 2022 n. 7).

Mentre, la “garanzia definitiva” (ossia quella data in seno alla stipulazione del contratto ex art. 103 d.lgs. n. 50 cit.) obbedisce ad una diversa funzione, ovverosia a quella di tutelare l’amministrazione da inadempienze contrattuali stricto sensu, tant’è che, significativamente, il testo normativo, in questa seconda ipotesi, non contempla la sopravvenienza costituita dall’informativa interdittiva antimafia.

Può soggiungersi che, mentre in fase di affidamento può in effetti esigersi che l’operatore economico risponda del possesso di tutti i requisiti utili all’affidamento del contratto, anche dopo l’espletamento della gara e fino al contratto, talché la “garanzia provvisoria” significativamente come da disposizione normativa: “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva” (art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 cit.).

Una volta invece che sia stato stipulato il contratto, la diversa “garanzia definitiva” viene prestata “a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse” e “per l’eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori, servizi o forniture nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell’esecutore” e per altre ipotesi assimilabili (art. 103, commi 1-2, d.lgs. n. 50 cit.)…”

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