Massima Sentenza

“…I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono connessi alla sua ratio: se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso – quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta – non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis.

Detto principio non può dunque essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (così Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (ex multis, Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225; V 25 luglio 2019, n. 5258).

Cons. St., Sez. V, 08.05.2023, n. 4624

APPROFONDIMENTI:

E’ possibile la dimostrazione postuma (solo in giudizio) dell’equivalenza dei beni offerti?

TAR Lazio roma, sez. ii, 18.10.2022, n. 13303

Il principio di equivalenza.

“…Il ragionamento svolto dall’appellante, che di seguito individua le caratteristiche – a suo dire – migliorative del prodotto offerto, non coglie nel segno.

Elemento dirimente della questione controversa, infatti, è la circostanza che la gara si fondava, ai fini dell’aggiudicazione, sul criterio del prezzo più basso e non già su quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Approfondiamo perciò insieme il principio di equivalenza e la sua importanza ai fini di una corretta gestione delle gare d’appalto.

Il principio di equivalenza, introdotto dall’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016 in attuazione dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, III, 10 febbraio 2022, n. 1006; V, 17 febbraio 2022, n. 1186) permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, IV, 7 giugno 2021, n. 4353): presuppone quindi la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, III, 7 luglio 2021, n. 5169; 22 novembre 2017, n. 5426), quale “conformità sostanziale” con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Indi per cui, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica strutturata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nella quale cioè è demandata alla valutazione tecnico-discrezionale della stazione appaltante l’individuazione comparativa dell’offerta che meglio soddisfa le esigenze rappresentate nella lex specialis, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353 del 2021, cit.).

Ne deriva, sul piano applicativo, che – sussistendone i presupposti – la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti non già attenendosi a riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte, sì che le specifiche indicate dal bando “vengono in pratica comunque soddisfatte” (Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013).

I limiti dell’applicazione del principio di equivalenza individuati dalla giurisprudenza sono connessi alla sua ratio: se, infatti, il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalla gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso – quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta – non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis.

Detto principio non può dunque essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate (così Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316) o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi come un aliud pro alio (ex multis, Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225; V 25 luglio 2019, n. 5258).

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