Massima Sentenza
“…un’impresa che ha la facoltà di rinunciare all’esecuzione di un’opera, in virtù dell’inutile decorso dei termini ultimi per la tempestiva stipulazione del contratto d’appalto, ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016, nonché del decorso del termine di centottanta dalla presentazione dell’offerta, non può comunque ritenersi tenuta ad assoggettarsi al vincolo negoziale, per il fatto che il legislatore è intervenuto con una normativa di natura emergenziale, apprestando delle soluzioni in ogni caso non idonee a ripristinare integralmente l’equilibrio sinallagmatico compromesso dagli eccezionali eventi perturbatori, dovendo la stessa applicarsi ai soli rapporti in corso, per i quali sia già intervenuto pertanto il vincolo negoziale. 14.3.1. Infatti come facilmente ricavabile dalla lettura della norma de qua, il meccanismo delle c.d. “compensazioni”: (i) ha natura solamente eventuale, posto che la reintegrazione economica è garantita solo fino a esaurimento dei relativi fondi; (ii) i tempi previsti per l’erogazione degli importi aggiuntivi impongono alle imprese coinvolte di anticipare i costi dell’opera, soggetti a sensibili rialzo rispetto all’originario piano economico, con il rischio di non riuscire a reggere allo sforzo sul piano finanziario; (iii) la misura del ristoro dei maggiori costi sopportati è comunque parziale. Secondo quanto evidenziato da parte appellata, già solo la “franchigia” del 10% prevista dalla cennata norma, sarebbe in grado di erodere integralmente l’utile atteso in relazione alla commessa; e ciò senza considerare, l’esposizione a cui l’operatore economico sarebbe costretto sul piano finanziario, comportanti ulteriori potenziali costi.
“…Sennonché, come è evidente, anche nella prospettiva interpretativa introdotta dal richiamato art. 7 del D.L. n. 36 del 2022, l’istituto in parola non può trovare applicazione al caso specifico oggetto di giudizio, perché le varianti in corso d’opera – considerate dalla norma al fine del conseguimento di risparmi di spesa da utilizzare in compensazione “per far fronte alle variazioni dei costi dei materiali” – presuppongono pur sempre “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale “, che nella specie non sembrano essere state puntualmente proposte – e conseguentemente accettate – da alcuna delle parti (cfr. sulla natura delle varianti, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
14.2. Peraltro la circostanza che alla fattispecie de qua non potesse applicarsi tale disposto normativo non implicava, al contrario di quanto ritenuto dal Comune, che l’impresa fosse tenuta ad accettare supinamente – senza possibilità di esercizio della facoltà di sciogliersi dall’offerta venuta a scadenza e dopo l’ampio decorso del termine previsto dall’art. 32 comma 8 del d.lgs. 50 del 2016 – le sole misure di compensazione introdotte dal legislatore con l’art. 26 del d.l. 50 del 2022.
14.3. Ed invero, un’impresa che ha la facoltà di rinunciare all’esecuzione di un’opera, in virtù dell’inutile decorso dei termini ultimi per la tempestiva stipulazione del contratto d’appalto, ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016, nonché del decorso del termine di centottanta dalla presentazione dell’offerta, non può comunque ritenersi tenuta ad assoggettarsi al vincolo negoziale, per il fatto che il legislatore è intervenuto con una normativa di natura emergenziale, apprestando delle soluzioni in ogni caso non idonee a ripristinare integralmente l’equilibrio sinallagmatico compromesso dagli eccezionali eventi perturbatori, dovendo la stessa applicarsi ai soli rapporti in corso, per i quali sia già intervenuto pertanto il vincolo negoziale. 14.3.1. Infatti come facilmente ricavabile dalla lettura della norma de qua, il meccanismo delle c.d. “compensazioni”: (i) ha natura solamente eventuale, posto che la reintegrazione economica è garantita solo fino a esaurimento dei relativi fondi; (ii) i tempi previsti per l’erogazione degli importi aggiuntivi impongono alle imprese coinvolte di anticipare i costi dell’opera, soggetti a sensibili rialzo rispetto all’originario piano economico, con il rischio di non riuscire a reggere allo sforzo sul piano finanziario; (iii) la misura del ristoro dei maggiori costi sopportati è comunque parziale. Secondo quanto evidenziato da parte appellata, già solo la “franchigia” del 10% prevista dalla cennata norma, sarebbe in grado di erodere integralmente l’utile atteso in relazione alla commessa; e ciò senza considerare, l’esposizione a cui l’operatore economico sarebbe costretto sul piano finanziario, comportanti ulteriori potenziali costi.
14.4. Al riguardo va rimarcato che rientra nei generali principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, sanciti dalla Costituzione, nonché nei canoni comunitari di proporzionalità e trasparenza, l’obbligo – nelle procedure ad evidenza pubblica – di stabilire compensi remunerativi capaci di mettere i concorrenti nella condizione di presentare un’offerta sostenibile ed affidabile e di eseguire l’impegno negoziale in conformità della stessa, evitando il serio rischio di distorsioni nelle dinamiche concorrenziali e dell’effettuazione di lavori o erogazione di servizi di scarsa qualità.
In questo senso, gli appalti devono pur sempre essere aggiudicati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, giacché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso.
L’art. 30 comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 rubricato “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni” – in continuità con il previgente codice dei contratti pubblici – ha al riguardo sancito che: “L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice“.
Pertanto, proprio alla luce di tali principi, laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell’utile stimato, che si valuta la non renumeratività dell’offerta e la sua non sostenibilità, con ovvie conseguenze sulla veridicità della stessa (Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2019, n. 8110; id., 15 aprile 2013, n. 2063; id., sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963; id., sez. III, 11 aprile 2012, n. 2073; id, 10 luglio 2020, n. 4451).
14.5. In ragione di tali principi deve ritenersi che il parziale strumento di riequilibrio del sinallagma previsto dall’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 sia destinato a fronteggiare l’aumento dei prezzi sopravvenuto al sorgere dell’impegno negoziale, ma non possa essere imposto all’aggiudicatario allorché non si sia ancora addivenuti alla stipula del contratto prima dell’insorgere dell’imprevisto amento dei prezzi, tra l’altro, come nel caso di specie, per volontà della stessa stazione appaltante.
14.5.1. Infatti, come evidenziato nella sentenza Cons. Stato, Sez. V, 11.1.2022, n.202 citata al § 10.1, sia pure relativa alla revoca di una procedura di gara intervenuta prima dell’aggiudicazione, riferita alla stipula di una convenzione avente ad oggetto l’erogazione di servizi di pulizia a ridotto impatto ambientale, motivata in ragione della sopravvenienza pandemica “costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto”.
Detto principio ben può trovare applicazione anche alla fattispecie de qua, laddove il mutamento della situazione economico finanziaria del mercato dopo l’insorgere del conflitto russo- ucraino, con conseguente innalzamento dei prezzi dei materiali di costruzione, è intervenuta dopo l’aggiudicazione ma prima della stipula del contratto, colpevolmente ritardata dall’Amministrazione nonostante l’aggiudicazione fosse divenuta efficace già alla data del 26 ottobre 2021, ovvero in data ampiamente antecedente all’insorgere di tale conflitto.
15. In ragione dei suesposti rilievi l’appello va rigettato, non potendo la mancata stipula del contratto imputarsi all’aggiudicataria e non ricorrendo pertanto le condizioni per l’incameramento della cauzione (con conseguente venir meno anche della segnalazione all’Anac, sia pure non avente immediata efficacia lesiva, come ben evidenziato dal primo giudice, trattandosi soltanto di “impulso” all’attivazione del procedimento sanzionatorio di competenza dell’Autorità, i cui esiti potranno essere eventualmente impugnati (ex multis Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2019, n. 2069)…”