Massima Sentenza
“…La giurisprudenza amministrativa ha chiarito come l’istituto della cooptazione – previsto dall’art. 68, comma 12 del d.lgs. 36/2023…si caratterizzi per la sua specialità nel sistema degli appalti pubblici, giacché abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, così derogando alla vigente disciplina in tema di qualificazione SOA, con la conseguenza che il soggetto cooptato: non acquisisce lo status di concorrente né una quota di partecipazione all’appalto e non può, in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire… nello specifico caso di contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché relativi all’esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei di cui al Titolo III della Parte VII del d.lgs. n. 36/2023, il principio di concorrenza e del conseguente favor partecipationis è in parte attenuato alla luce del bilanciamento con gli interessi di cui all’art. 9 Cost., cosicché soltanto le imprese appositamente specializzate possono intervenire direttamente su tali beni. La disposizione in argomento, così interpretata, operando una ragionevole e proporzionata limitazione del favor partecipationis orientata alla tutela di beni protetti espressamente dalla Costituzione, appare immune da ogni dubbio di costituzionalità
“:..La giurisprudenza amministrativa ha chiarito come l’istituto della cooptazione – previsto dall’art. 68, comma 12 del d.lgs. 36/2023 (e antecedentemente dall’art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207/2010 e successivamente regolato dall’art. 216, comma 14 del d.lgs. n. 50/2016) ai sensi del quale “Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20 per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati.” – si caratterizzi per la sua specialità nel sistema degli appalti pubblici, giacché abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, così derogando alla vigente disciplina in tema di qualificazione SOA, con la conseguenza che il soggetto cooptato: non acquisisce lo status di concorrente né una quota di partecipazione all’appalto e non può, in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire (Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2018, n. 6636).
L’eccezionalità e la specialità dell’istituto (Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2018, n. 5282) – la cui finalità è quella di consentire ad imprese, già qualificate nel settore dei lavori pubblici, di maturare capacità tecniche in categorie di lavori diverse rispetto a quelle per le quali le stesse siano già iscritte (C.G.A.R.S., sez. giur., 8 febbraio 2017, n. 37) – implica, innanzitutto, sotto il profilo interpretativo sistematico, che le deroghe previste dalla disciplina degli appalti pubblici siano di stretta interpretazione e, pertanto, ammissibili solo ove non vi siano specifiche discipline afferenti i requisiti di esecuzione, giacché l’impresa cooptata può non essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara, ma deve comunque avere i requisiti necessari ad eseguire le prestazioni che le vengono affidate (T.a.r. per il Veneto, sez. I, 27 giugno 2023, n. 910).
Un particolare e specifico regime per l’esecuzione di lavori da eseguire su beni sottoposti a tutela del d.lgs. n. 42/2004 è previsto dagli artt. 132-133 del d.lgs. 36/2023, che (in sostanziale continuità con gli artt. 145-146 del d.lgs. n. 50/2016) impone ai soggetti esecutori il possesso dei requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento.
Tale specifica qualificazione in particolare dei soggetti esecutori è volta ad evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di un soggetto che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell'Amministrazione, trattandosi di uno specifico profilo volto alla tutela dei valori costituzionalmente rilevanti di cui al d.lgs. n. 42/2004 e che giustifica, sul piano del bilanciamento, una limitazione del principio di concorrenza e del relativo “favor partecipationis”.
L’art. 132, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023, infatti, nell’escludere l’applicabilità dell’istituto dell’avvalimento nel settore dei beni culturali – contrariamente a quanto sostenuto dalle difese dell’amministrazione e della contro-interessata – rafforza la tesi della ricorrente, dovendosi ritenere che se finanche un istituto generale e di particolare rilevanza come l’avvalimento non può trovare applicazione del settore in esame, a fortiori tale regola non può trovare applicazione con riferimento all’istituto della cooptazione in ragione della sua natura eccezionale e derogatoria delle regole delle procedure di evidenza pubblica.
La necessaria qualificazione specialistica di ogni soggetto che esegue i lavori relativi ai beni culturali – a prescindere dal rapporto contrattuale o lato sensuassociativo in base al quale tale intervento è eseguito – è già stato ribadito dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento all’art. 146 del d.lgs. n. 50/2016 (cfr. Corte cost., 11 aprile 2022, n. 91 ove si evidenzia che “l’elemento, comunque, decisivo è che […] soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sé assicura loro una effettiva e adeguata tutela”).
La Corte costituzionale, nel predetto caso, seppure analizzando la disciplina sul subappalto, con specifico riferimento al requisito di qualificazione OG2 – oggi previsto nell’Allegato II.18 (all’art. 4, comma 3) richiamato dall’art. 133 del d.lgs. n. 36/2023 (secondo cui “Per i lavori di cui al presente Titolo, i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori e dei direttori tecnici, nonché i livelli e i contenuti della progettazione e le modalità del collaudo sono individuati nell’Allegato II.18”) – conferma l’assoluta necessità che il soggetto esecutore ne sia in possesso con ciò non impedendo in astratto l’utilizzo “in radice” di tale istituto nell’ambito degli appalti di cui al Titolo III della Parte VII del d.lgs. n. 36/2023, purché l’impresa non sia esecutrice di tali specifici lavori, ma, ad esempio, la sua quota di partecipazione abbia ad oggetto prestazioni (nolo a freddo, mera attività impiantistica senza opere murarie ecc.) non implicanti la diretta manutenzione degli immobili.
Né il disciplinare di gara – nel caso che ci occupa – ha previsto una diversa opzione interpretativa né tantomeno la stessa deve considerarsi evincibile dalla dichiarazione integrativa al DGUE che si limita a richiamare i presupposti generali di operatività della cooptazione.
In conclusione, ritiene il Collegio che nello specifico caso di contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché relativi all'esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei di cui al Titolo III della Parte VII del d.lgs. n. 36/2023, il principio di concorrenza e del conseguente favor partecipationis è in parte attenuato alla luce del bilanciamento con gli interessi di cui all’art. 9 Cost., cosicché soltanto le imprese appositamente specializzate possono intervenire direttamente su tali beni. La disposizione in argomento, così interpretata, operando una ragionevole e proporzionata limitazione del favor partecipationis orientata alla tutela di beni protetti espressamente dalla Costituzione, appare immune da ogni dubbio di costituzionalità..
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