Massima Sentenza

“...in base all’assetto voluto dal codice dei contratti vigente, va esclusa la necessità di una richiesta di accesso agli atti della procedura di gara, essendo automaticamente riconosciuto, ai sensi dell’art. 36 d.lgs. n. 36/23, a chi partecipa alla procedura di accedere in via diretta a partire dal momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione a “i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione” (cfr. art. 36, co. 1, citato). Depone a favore di tale conclusione quanto riportato nella relazione di accompagnamento al nuovo codice, laddove si afferma che tale previsione è finalizzata ad evitare una eventuale fase amministrativa relativa alle istanze di accesso, consentendo ai partecipanti di conoscere immediatamente la scelta fatta dall’amministrazione e orientarsi sulla opportunità o meno di procedere in sede processuale.Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, viene riconosciuto, dal secondo comma dello stesso articolo 36, un diritto di accesso ancora più “ampio”. A tale limitato numero di concorrenti, infatti, la disposizione prevede che siano resi “reciprocamente disponibili”, attraverso la stessa piattaforma, non solo gli “atti” di cui al primo comma, ma anche le loro offerte presentate (in particolare, quelle del secondo, terzo, quarto e quinto, comma).…”

TAR Toscana, Sez. II, 20.01.2025, n.85


Non opera il cumulo alla rinfusa per le lavorazioni appartenenti alla Categoria OG2.

“…Il Titolo III del D.Lgs. n. 36/2023-Codice dei contratti pubblici prevede un regime speciale per i contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 

In tema di qualificazione degli operatori economici sono previste alcune peculiarità. 

Viene innanzitutto fissato il generale divieto di avvalimento di cui all’art. 104 del Codice dall’art. 132, comma 2. 

Il successivo art. 133 (recante Requisiti di qualificazione) dispone che “per i lavori di cui al presente Titolo, i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori e dei direttori tecnici, nonché i livelli e i contenuti della progettazione e le modalità del collaudo sono individuati nell’allegato II.18”.

L’allegato II.18, al Titolo II, reca una speciale disciplina in ordine ai requisiti di qualificazione degli esecutori di lavori riguardanti i beni culturali. Agli artt. 7 e 8 sono individuati speciali elementi di qualificazione in ordine alla idoneità professionale e alla capacità tecnica (prevedendo una specifica disciplina per i requisiti della direzione tecnica, per l’elemento esperienziale e per gli organici in cui devono essere presenti restauratori, collaboratori restauratori ed archeologi in quote e percentuali diversificate a seconda delle categorie di lavorazione). 

L’art. 9 reca una speciale disciplina della certificazione e della imputazione dei lavori eseguiti. È previsto, al comma 4, che “i lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all’articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto”.

Tale previsione è omologa a quella recata all’art. 146 del precedente codice di cui al D.Lgs. n. 50/2016 (che ai commi 2 e 3 così recitava: “2. I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale. 3. Per i contratti di cui al presente capo, considerata la specificità del settore ai sensi dell’articolo 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non trova applicazione l’istituto dell’avvalimento, di cui all’articolo 89 del presente codice”).

Tradizionalmente, infatti, nel settore dei beni culturali la disciplina dei contratti pubblici pone un ineliminabile rapporto tra concreta esecuzione dei lavori e relativa qualificazione, che si traduce nel fatto che soltanto l'operatore effettivamente qualificato per i lavori di una determinata categoria è abilitato all'esecuzione materiale degli stessi. Nell’ambito delle partecipazioni in forma aggregata o consortile tale regola è storicamente servita ad escludere l’applicabilità del cd. cumulo alla rinfusa dei requisiti (cfr. ex multis Cons. giust. amm. Sicilia, 22/01/2021, n. 49).

Tale regola, secondo la giurisprudenza, è da “intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica
” (T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 22/07/2022, n. 1373).

Il testo della disposizione di cui al citato art. 9 dell’allegato II.18 è chiaro nel riferirsi alla “impresa”, vale a dire all’istituto organizzativo “di base” di cui all’art. 65 del Codice. 

La ratio della disposizione, pertanto, è chiaramente quella di fornire indicazioni valide per tutti gli operatori economici a prescindere dalla loro appartenenza o meno ad organizzazioni consortili, di rete o altre forme aggregate. 

Il richiamo alla “impresa” non può essere ricondotto a quello più generico di “operatore” (in questo senso la previsione dell’attuale codice è più netta di quella contenuta nella citata omologa previsione del D.Lgs. n. 50/2016, sopra riportata). 

Nel settore dei beni culturali, in altri termini, rileva il possesso dei requisiti e la qualificazione tecnica, professionale nonché economica della impresa esecutrice e non dell’entità giuridica che formalmente assume le vesti di operatore concorrente o di soggettività rilevante ai fini della partecipazione in gara..."

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