Massima Sentenza

“...Nel caso di specie, l’errore compiuto dalla … risiede nell’aver formulato l’offerta in termini economici e non percentuali. Trattasi, con ogni evidenza, di un errore «riconoscibile» dalla p.a. senza alcuna complessa operazione ermeneutica, agevolmente emendabile, se non d’ufficio (ipotesi, invero, non incompatibile con la natura dell’errore), senz’altro all’esito di una richiesta di chiarimenti all’impresa, chiamata semplicemente a confermare una «svista» nell’esternazione della propria volontà negoziale, neanche suscettibile, a ben vedere, di diverse opzioni esegeticheL’immediata possibilità di rilevare la diversa forma con la quale l’impresa aveva formulato la propria offerta conferisce, pertanto, all’errore il carattere della riconoscibilità e avrebbe dovuto, per la sua stessa natura, indurre il committente ad attivare, quantomeno, il «soccorso procedimentale» di cui all’art. 101, co. 3, del codice, riservandosi di decidere, a conclusione del sub-procedimento, anche in senso sfavorevole alla ricorrente, laddove la sua risposta non fosse apparsa soddisfacente ovvero in presenza di inammissibili elementi integrativi dell’offerta, ma non precludendosi immotivatamente qualsiasi interlocuzione con il potenziale aggiudicatario. Ciò anche in ossequio al principio del risultato di cui all’art. 1 del codice, che, orientando le stazioni appaltanti alla ricerca del «migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, [seppure] nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza»,

TAR Lazio Roma, Sez. I quater, 07.02.2025, n.2841


Errore riconoscibile dell’offerta e soccorso procedimentale.

“… L’art. 101, co. 3, del codice, recependo le conclusioni alle quali era già approdata la giurisprudenza sotto la vigenza del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede che «La stazione appaltante può sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato…I chiarimenti resi dall’operatore economico non possono modificare il contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica», così ammettendo che l’operatore economico possa essere chiamato a «chiarire» alcuni aspetti dell’offerta per dissipare i dubbi sulla sua interpretazione, sempreché ciò non implichi forme di integrazione postuma della proposta negoziale già formulata, che deve essere ab origine completa di tutte le voci richieste dalla lex specialis.

È possibile, infatti, che l’operatore economico commetta errori nella formulazione dell’offerta, che, ove «riconoscibili» dalla commissione di gara ed emendabili senza interventi «additivi» del dichiarante, devono essere oggetto di approfondimento istruttorio.

Il giudice d’appello ha specificato le condizioni in presenza delle quali il concorrente può pretendere che ciò avvenga, precisando che «[a]i sensi dell’art. 1324 Cod. civ. sono applicabili agli atti unilaterali a contenuto patrimoniale, salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti, in quanto compatibili; tra queste indubbiamente applicabili sono gli artt. 1427 e ss. Cod. civ. che disciplinano l’annullabilità del contratto per errore (hanno fatto applicazione della disciplina sull’errore in relazione ad atti unilaterali: Cass. civ., Sez. V, 19 febbraio 2016, n. 3286; Sez. III, 24 novembre 2009, n. 24685; Sez. I, 19 settembre 1997, n. 9310; Sez. lavoro, 19 agosto 1996, n. 7629). L’art. 1428 Cod. civ., in particolare, prevede che l’errore è causa di annullamento del contratto, se “essenziale” e “riconoscibile dall’altro contraente”. Per il caso di atto unilaterale recettizio l’errore deve essere riconoscibile dal soggetto cui l’atto è diretto. L’art. 1431 Cod. civ. precisa che l’errore si considera riconoscibile se “in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo”. Spetta a colui che invoca l’errore dimostrare la riconoscibilità dello stesso. La disciplina dell’errore – vizio è applicabile anche al caso di errore c.d. ostativo, vale a dire di errore commesso nella formulazione della dichiarazione (art. 1433 Cod. civ.)» (Cons. Stato, V, 20 giugno 2019, n. 4198).

Più di recente, il medesimo giudice ha aggiunto che «ciò che si richiede al fine di poter identificare un errore materiale all’interno dell’offerta di gara e, quindi, procedere legittimamente alla sua rettifica, è che l’espressione erronea sia univocamente riconoscibile come tale, ovvero come frutto di un “errore ostativo” intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà. La valutazione che la stazione appaltante è chiamata a svolgere e che la giurisprudenza descrive con icastiche varianti lessicali (lapsus calami rilevabile ictu oculi ed ex ante, quindi senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva della volontà), proprio perché si connota di oggettività e di immediatezza non può, in linea di principio, derivare da sforzi ricostruttivi e interpretativi, ma deve arrestarsi al riscontro di un’inesatta formulazione “materiale” dell’atto. Una cosa è, dunque, l’interpretazione conservativa dell’atto (1465 c.c.), altra è la correzione di una sua incongruenza estrinseca e formale, rinvenibile nel suo sostrato materiale, espressivo o comunicativo (1433 c.c.)» (Cons. Stato, III, 9 dicembre 2020, n. 7758).

Nel caso di specie, l’errore compiuto dalla ... risiede nell’aver formulato l’offerta in termini economici e non percentuali. Trattasi, con ogni evidenza, di un errore «riconoscibile» dalla p.a. senza alcuna complessa operazione ermeneutica, agevolmente emendabile, se non d’ufficio (ipotesi, invero, non incompatibile con la natura dell’errore), senz’altro all’esito di una richiesta di chiarimenti all’impresa, chiamata semplicemente a confermare una «svista» nell’esternazione della propria volontà negoziale, neanche suscettibile, a ben vedere, di diverse opzioni esegetiche..."


L’immediata possibilità di rilevare la diversa forma con la quale l’impresa aveva formulato la propria offerta conferisce, pertanto, all’errore il carattere della riconoscibilità e avrebbe dovuto, per la sua stessa natura, indurre il committente ad attivare, quantomeno, il «soccorso procedimentale» di cui all’art. 101, co. 3, del codice, riservandosi di decidere, a conclusione del sub-procedimento, anche in senso sfavorevole alla ricorrente, laddove la sua risposta non fosse apparsa soddisfacente ovvero in presenza di inammissibili elementi integrativi dell’offerta, ma non precludendosi immotivatamente qualsiasi interlocuzione con il potenziale aggiudicatario.

Ciò anche in ossequio al principio del risultato di cui all’art. 1 del codice, che, orientando le stazioni appaltanti alla ricerca del «migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, [seppure] nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza», spinge verso una più accentuata dequotazione dei vizi formali, già intrapresa dall’art. 21-octies, co. 2, della l. 241/1990, non solo degli atti amministrativi ma anche delle dichiarazioni rese dai privati, laddove non disvelino vizi radicali della volontà da cui scaturiscono e non vi ostino i superiori principi di concorrenza e di parità di trattamento…”

Articoli collegati

Kreando S.r.l.s. – PIVA 15799041007 – gare@fareappalti.itCookie PolicyPrivacy PolicySitemap