LA DISCIPLINA DI SETTORE NON RECA UN DIVIETO ASSOLUTO DI BANDIRE UNA GARA D’APPALTO A LOTTO UNICO, LIMITANDOSI A IMPORRE, IN CAPO ALLE AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI, L’ONERE DI FORNIRE ADEGUATA MOTIVAZIONE IN CASO DI MANCATA SUDDIVISIONE DELL’APPALTO IN LOTTI.

TAR Lazio Roma, Sez. III, 02.02.2022, n. 1255

“…Ritiene il Collegio di dover preliminarmente evidenziare che è pacifico che la normativa eurounitaria (in particolare la direttiva 2014/24/UE) e quella nazionale di recepimento (l’art. 51 del CCP) esprimano un chiaro favor verso la suddivisione in lotti, funzionali o prestazionali, degli appalti pubblici, soprattutto nell’ottica di favorire l’accesso delle microimprese e delle piccole e medie imprese (PMI) al mercato delle commesse pubbliche. Ciò emerge chiaramente dal considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE e dal considerando 87 della direttiva 2014/25/UE nelle parti in cui, dopo aver richiamato l’opportunità che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI e aver incoraggiato le amministrazioni aggiudicatrici ad avvalersi del “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”, si afferma che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tali indicazioni sono state recepite, in sede di trasposizione delle predette direttive eurounitarie, dal legislatore nazionale, confluendo nel testo dell’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 che, nella sua prima parte, stabilisce quanto segue: “Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture”.

La giurisprudenza amministrativa ha anche chiarito che l’art. 51 del CCP costituisce una “disposizione dichiaratamente finalizzata a plasmare i profili organizzativi dell’amministrazione committente in modo servente rispetto ad un fine che esula dallo stretto tema dell’evidenza pubblica, per collocarsi nella più ampia prospettiva dello sviluppo pro-concorrenziale del mercato” (Cons. Stato, Sez. III, n. 7962/2020; in termini anche Cons. Stato, Sez. V, n. 973/2020; Cons. Stato, Sez. V, n. 3110/2017; Cons. Stato, Sez. III, n. 1857/2019).

Tuttavia, le previsioni normative appena richiamate prevedono espressamente che le amministrazioni aggiudicatrici possano anche decidere che non sia appropriato suddividere l’appalto in lotti, fermo il dovere di estrinsecare le ragioni di tale scelta all’interno della lex specialis di gara. Così, sul versante della normativa eurounitaria, vale ulteriormente richiamare il considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui afferma che “L’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria. Se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice”. Sul piano della disciplina nazionale, invece, il già richiamato art. 51, comma 1, del CCP, altresì stabilisce che “Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

È, dunque, evidente che la disciplina di settore non rechi un divieto assoluto di bandire una gara d’appalto a lotto unico, limitandosi a imporre, in capo alle amministrazioni aggiudicatrici, l’onere di fornire adeguata motivazione in caso di mancata suddivisione dell’appalto in lotti. In proposito vale richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha escluso che il principio della suddivisione in lotti possa considerarsi assoluto e inderogabile, riconoscendo alla committenza pubblica la possibilità di optare per un assetto alternativo mediante una scelta garantita da ampia discrezionalità, ancorché adeguatamente motivata (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, n. 8440/2020; Cons. Stato, Sez. VI, n. 4669/2014). Sebbene la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile, né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, Sez. III, n. 1076/2020; Cons. Stato, Sez. V, n. 123/2018).

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il sindacato giurisdizionale sulla scelta delle amministrazioni aggiudicatrici di non suddividere un appalto in lotti va svolto entro i limiti della ragionevolezza e proporzionalità (Cons. Stato, Sez. III, n. 1222/2019; Cons. Stato, Sez. V, n. 2044/2018), in quanto a venire in rilievo è un potere discrezionale che involge valutazioni di carattere tecnico-amministrativo rientranti nella sfera riservata all’amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, n. 1081/2016).

Vale inoltre aggiungere, a completamento dell’inquadramento sin qui delineato, che nonostante le previsioni normative innanzi richiamate si riferiscano espressamente alle microimprese e alle PMI, in via di principio la giurisprudenza ha riconosciuto, anche al di fuori di tale perimetro soggettivo, la possibilità di far valere “doglianze avverso un assetto organizzativo della gara che comprometta in concreto il principio di concorrenza tra più operatori, costituendo tale principio un valore di carattere generale intangibile che, per come enunciato all’articolo 30 del D.lgs. n. 50/2016, permea l’intera disciplina dei contratti pubblici e di cui l’art. 51 comma 1 del medesimo testo normativo costituisce solo un precipitato tecnico applicativo, come tale non idoneo a consumarne l’ambito di efficacia” (Cons. Stato, Sez. III, n. 1221/2021). In questo particolare caso, tuttavia, l’operatore economico è tenuto a dimostrare, in concreto, l’incidenza negativa che l’avversata misura organizzativa ha prodotto nella sua sfera giuridica, “rendendo obiettivamente percepibile la compressione che questa ha, in via di tesi, subito rispetto alle possibilità di un’utile e proficua partecipazione alla competizione” (Cons. Stato, Sez. III, n. 7962/2020; Cons. Stato, Sez. III, n. 5746/2020)”…”

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