IL CONCORRENTE SOTTOPOSTO A VALUTAZIONE DI ANOMALIA O DI CONGRUITÀ, DA UN LATO, NON PUÒ FORNIRE GIUSTIFICAZIONI TALI DA INTEGRARE UN’OPERAZIONE DI “FINANZA CREATIVA”, MODIFICANDO, IN AUMENTO O IN DIMINUZIONE, LE VOCI DI COSTO, PUR MANTENENDO FERMO L’IMPORTO FINALE, DALL’ALTRO, PUÒ INTRODURRE LIMITATI AGGIUSTAMENTI, RIDUCENDO ANCHE L’UTILE, A CONDIZIONE CHE QUEST’ULTIMO NON VENGA ANNULLATO O RIDOTTO AD UNA MISURA INCONSISTENTE

TAR Lombardia Milano, Sez. I, 19.04.2022, n. 876

“…Con il secondo, articolato, motivo, la ricorrente contesta la ragionevolezza del giudizio espresso dal Comune all’esito della verifica di congruità, lamentando, in particolare, il difetto di una valutazione complessiva e la concentrazione su singole voci di costo.

Neppure queste censure possono essere condivise.

Sul punto va osservato che:

è pacifico in giurisprudenza che il giudizio sull’anomalia o sull’incongruità di un’offerta ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale, riservato alla pubblica amministrazione, il quale è insindacabile in sede giurisdizionale, a meno che non siano ravvisabili ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. III, 20 maggio 2020, n. 3207);

il giudizio non può risolversi in una “caccia all’errore”, perché non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta, mirando piuttosto ad accertare se essa sia attendibile e affidabile nel suo complesso, sicché è diretto a valutare se l’eventuale anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 520; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2015, n. 2770; Consiglio di Stato, Sez. III, 10 gennaio 2020, n. 249; Consiglio di Stato, Sez. V, 29 gennaio 2018, n. 589);

tuttavia, ciò non significa che in sede di giustificazioni l’operatore possa apportare qualunque modificazione all’offerta presentata o alle giustificazioni già rese;

difatti, rimane sullo sfondo il principio per cui, una volta presentata, l’offerta non è suscettibile di una radicale modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti (sul punto la giurisprudenza è costante; tra le tante T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 26 settembre 2016, n. 9927; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 1° giugno 2015, n. 1287; Consiglio di Stato, sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497; Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 636; Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146);

pertanto, il concorrente sottoposto a valutazione di anomalia o di congruità, da un lato, non può fornire giustificazioni tali da integrare un’operazione di “finanza creativa”, modificando, in aumento o in diminuzione, le voci di costo, pur mantenendo fermo l’importo finale, dall’altro, può introdurre limitati aggiustamenti, riducendo anche l’utile, a condizione che quest’ultimo non venga annullato o ridotto ad una misura inconsistente;

più in dettaglio, il concorrente, fermo restando l’importo complessivo, può procedere a limitate correzioni, sicché si ritiene ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci;

in altre parole, è possibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo stesse invariate nella loro consistenza, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili voci (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 63);

nel caso di specie la ricorrente non si è limitata a particolari aggiustamenti, ma ha cercato di rimodulare l’offerta sulla base di giustificazioni generiche e non plausibili;

vale evidenziare che il Rup non ha contestato isolate voci di costo, ma ha evidenziato che l’offerta nel suo complesso, da un lato, presenta notevoli margini di incertezza, dall’altro, non è giustificata rispetto a rilevanti voci di costo, infine, non è aderente all’offerta tecnica, che risulta modificata per aspetti tutt’altro che marginali

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