La possibilità di “qualificazione cumulativa”, nell’ambito dei consorzi stabili, è limitata ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e mezzi d’opera e all’organico medio annuo (cfr. art. 47, comma 1); i consorzi stabili possono, per tal via, partecipare alle gare qualificandosi in proprio (art. 47, comma 2, prima ipotesi) e comprovando i propri requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, potendo, a tal fine, cumulare attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo di tutte le consorziate (con il limite, non codificato ma implicito, del divieto di cumulo in caso di autonoma partecipazione, alla medesima gara, dell’impresa consorziata, che autorizzerebbe – di là dalla paradossale vicenda del concorso competitivo con cooperazione qualificatoria – una implausibile valorizzazione moltiplicativa dei medesimi requisiti: cfr., per la relativa vicenda, Corte di Giustizia UE, C-376/08, 23 dicembre 2009); i consorzi stabili, anche quando partecipino e si qualifichino in proprio, possono eseguire la prestazione (oltreché con la propria struttura) per il tramite delle consorziate, ancorché non indicate come esecutrici in sede di gara (onde, in chiara – seppur circostanziata – prospettiva proconcorrenziale, il ricorso alla struttura consortile consente ad imprese non qualificate di partecipare, sia pure indirettamente, alle procedure di affidamento): si tratterebbe – nella ricostruzione di ad. plen. n. 5/2021, che argomenta dal confronto con la previgente formulazione dell’art. 47, comma 2, di “una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità”: che, benché si tratti, va riconosciuto, di formula men tecnicamente rigorosa che sostanzialmente espressiva, sintetizza un condivisibile corollario di sistema); in alternativa, il consorzio può, in sede evidenziale, designare, per l’esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate (che, in tal caso, partecipano direttamente alla gara, concorrendo alla sostanziale formulazione dei tratti, anche soggettivi, dell’offerta ed assumendo, in via solidale, la responsabilità per l’esatta esecuzione, ancorché la formalizzazione del contratto sia rimessa al consorzio, che è parte formale: cfr., ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 5/2021 cit.); in tal caso (che è quello in cui si sussume la vicenda di specie) è necessario che le imprese designate possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei, limitati e specifici, casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione

Cons. St., Sez. V, 22.08.2022, n. 7360

“…Vale rammentare, in premessa, che l’art. 47, comma 1 del Codice (non interessato dalle recenti modifiche normative) prevede che, per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c) – e, dunque, anche per i “consorzi stabili” – i “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento” debbano essere, come d’ordinario, “posseduti” dagli stessi e, all’uopo,“comprovati”, fatta eccezione per quelli relativi “alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali – “ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” – sono suscettibili di computo cumulativo.

La disposizione suona, nella sua formulazione letterale, identifica a quella già trasfusa nel corpo del previgente art. 35 del d. lgs. n. 163/2006, e nondimeno – opportunamente rimeditando sul punto, anche sulla scorta della interpretazione avallata, sia pure per obiter dictum, dalla adunanza plenaria n. 5/2021, l’orientamento espresso anche in tempi recenti dalla Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 marzo 2021, n. 2588, cui la sentenza appellata ha, segnatamente, inteso dare seguito) – va acquisita restrittivamente, nel senso della (rigorosa) limitazione (dell’ambito) della scolpita facoltà di cumulo.

Milita in tal senso – più ancora che l’argomento meramente letterale, dal quale pure, in sé, sarebbe, in principio, lecito distillare una direttiva di interpretazione limitativa, giustificata dalla attitudine derogatoria e, per tal via, eccezionale della prefigurata facoltà di dimostrazione “cumulativa” dei requisiti di partecipazione – il nuovo ‘contesto’ normativo, dal quale risulta espunta la previsione di cui al previgente art. 36, comma 7, la quale (non operando, ai fini in parola, alcuna distinzione tra imprese designate o meno per l’esecuzione delle prestazioni) aveva legittimato un intendimento comprensivo, lato e generalizzato del cumulo, detto appunto e genericamente “alla rinfusa”.

In definitiva, proprio la mancata riproduzione del testo dell’art. 36, comma 7 cit. (in base alla quale “il consorzio stabile si qualifica[va] sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”) suggerisce (ed anzi impone) di abbandonare l’orientamento esegetico che, sulla sua scorta, era maturato, restringendo la praticabilità del cumulo ai (soli) aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.

Né ad un diverso intendimento può indurre una direttiva (suppletiva) di interpretazione “sistematica”, orientata alla valorizzazione, sul piano teleologico, della complessiva logica proconcorrenziale che ispira e legittima la partecipazione in forma consortile (e sulla quale fa dichiaratamente leva Cons. Stato, n. 2588/2021 cit., che si richiama, altresì, al “fondamento causale” della disciplina, incentrata sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una “comune struttura di impresa”, deputata ad operare quale “unica controparte” delle stazioni appaltanti).

Vero è, invece, che – di là dal rilievo, di ordine metodologico, che l’argomentazione sistematica obbedisce, in quanto tale, ad una direttiva ermeneutica secondaria, che non può far premio sul non equivoco dato linguistico – l’argomento prova troppo (e si risolve, di fatto, in un esito non plausibilmente correttivo), atteso che l’attitudine proconcorrenziale resta comunque confermata (senza la necessità di decampare dei limiti del tratto testuale della norma e sia pure nei limiti più restrittivi rimessi alla non implausibile opzione legislativa) dalla perdurante possibilità del ricorso alla forma consortile per consentire ad imprese prive di requisiti di accedere alle procedure di gara.

Le conclusioni che precedono, desunte dalla aggiornata esegesi del comma 1 dell’art. 47, trovano conferma nella disciplina del comma 2, così come riformulata dal d.l. n. 32/2019 (c.d. sbloccacantieri).

Invero, in base alla formulazione previgente della norma (peraltro successiva alla primigenia formulazione, già modificata dall’art. 31 del d. lgs. 19 aprile 2017, n. 56), i consorzi stabili potevano alternativamente utilizzare, ai fini della qualificazione: a) “i requisiti […] maturati in proprio”; b) quelli “posseduti dalle singole imprese consorziate”, che fossero state “designate per l’esecuzione delle prestazioni”; c) quelli “delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto”, in tal caso “mediante avvalimento”.

Per contro, l’attuale versione dell’art. 47, comma 2 non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all’avvalimento, ai fini della utilizzazione dei requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici e si limita a prevedere l’alternativa facoltà di eseguire il contratto “con la propria struttura” ovvero “tramite i consorziati” all’uopo “indicati in sede di gara”, con la precisazione che, in tal caso, non si tratta – ferma la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante – di “subappalto”. La disposizione demanda, poi, al regolamento di cui all’art. 216, comma 27 octies, la definizione – “ai fini della qualificazione di cui all’art. 84” – dei “criteri per l’imputazione” delle prestazioni eseguite.

Ne discende, in virtù del congiunto operare delle due disposizioni: a) che i consorzi stabili che intendano eseguire le prestazioni “con la propria struttura” devono dimostrare (e comprovare con le modalità ordinarie) il possesso, in proprio, dei “requisiti di idoneità tecnica e finanziaria” per l’ammissione alle procedure di affidamento, salva la facoltà di “computare cumulativamente” i (soli) requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera e all’organico medio annuo, quand’anche posseduti “dalle singole imprese consorziate”, ancorché non designate alla esecuzione; b) che possano, alternativamente, affidarsi (senza che ciò costituisca subappalto) alle imprese consorziate, all’uopo indicate in sede di gara, che ne risultano corresponsabili.

In quest’ultimo caso, la norma non chiarisce espressamente (il che dà ragione al contrasto esegetico) le modalità di qualificazione dei consorziati designati per l’esecuzione (naturalmente, nell’unico caso in cui la questione si ponga, che è, all’evidenza, quello in cui gli stessi non possano dimostrarne il possesso in proprio).

Dal comma 47, comma 1 discende de plano, in ogni caso, l’operatività, sia pure limitata, del cumulo: di tal che (in ciò risolvendosi l’effetto proconcorrenziale della regola) la carenza di requisiti tecnici (in quanto attinenti alle risorse reali: attrezzature e mezzi) o professionali (attinenti alle risorse umane in senso quantitativo: organico medio) non preclude la partecipazione alla gara e l’assunzione dell’impegno ad eseguire le prestazioni contrattuali, potendo l’impresa “avvalersi” dei requisiti del consorzio (o, in via mediata, delle altre consorziate non esecutrici).

Ne discende, a guisa di corollario, che – fuori dei ridetti limiti, che sono oggi, come vale ribadire, i limiti “generali” della valorizzazione “cumulativa” dei requisiti nella partecipazione in forma consortile – debba applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei “requisiti” e delle “capacità” di qualificazione (artt. 83 e 84). Il che non vuol dire, beninteso, che l’impresa consorziata non qualificata non possa valorizzare i requisiti posseduti, in proprio, dal consorzio stabile ovvero dalle consorziate non esecutrici: ma solo che, in tal caso – lungi dal poter sfruttare il meccanismo del “cumulo automatico” – ha l’onere di ricorrere all’ordinario strumento dell’avvalimento (art. 89).

Se ne trae indiretta ma solida conferma (tota lege perspecta) dalla previsione dell’art. 48, commi 7 bis, 19 bis e 19 ter, che – nel legittimare, in occasione delle qualificate sopravvenienze di cui ai commi 17, 18 e 19, la designazione alternativa in executivis, sottendono, con dichiarata finalità antielusiva, il postulato possesso, in capo alla “impresa consorziata”, dei requisiti di partecipazione.

Giova rimarcare che le esposte conclusioni sono coerenti con il ragionamento formulato, sia pure per obiter, da Cons. Stato, ad. plen. n. 5/2021 (dalla quale, non a caso, il primo giudice ha sentito, assente il formale vincolo nomofilattico, il bisogno di motivatamente smarcarsi).

In definitiva, alla luce dell’attuale quadro normativo, si deve concludere nei complessivi sensi per cui:

a) la possibilità di “qualificazione cumulativa”, nell’ambito dei consorzi stabili, è limitata ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e mezzi d’opera e all’organico medio annuo (cfr. art. 47, comma 1);

b) i consorzi stabili possono, per tal via, partecipare alle gare qualificandosi in proprio (art. 47, comma 2, prima ipotesi) e comprovando i propri requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, potendo, a tal fine, cumulare attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo di tutte le consorziate (con il limite, non codificato ma implicito, del divieto di cumulo in caso di autonoma partecipazione, alla medesima gara, dell’impresa consorziata, che autorizzerebbe – di là dalla paradossale vicenda del concorso competitivo con cooperazione qualificatoria – una implausibile valorizzazione moltiplicativa dei medesimi requisiti: cfr., per la relativa vicenda, Corte di Giustizia UE, C-376/08, 23 dicembre 2009);

c) i consorzi stabili, anche quando partecipino e si qualifichino in proprio, possono eseguire la prestazione (oltreché con la propria struttura) per il tramite delle consorziate, ancorché non indicate come esecutrici in sede di gara (onde, in chiara – seppur circostanziata – prospettiva proconcorrenziale, il ricorso alla struttura consortile consente ad imprese non qualificate di partecipare, sia pure indirettamente, alle procedure di affidamento): si tratterebbe – nella ricostruzione di ad. plen. n. 5/2021, che argomenta dal confronto con la previgente formulazione dell’art. 47, comma 2, di “una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità”: che, benché si tratti, va riconosciuto, di formula men tecnicamente rigorosa che sostanzialmente espressiva, sintetizza un condivisibile corollario di sistema);

d) in alternativa, il consorzio può, in sede evidenziale, designare, per l’esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate (che, in tal caso, partecipano direttamente alla gara, concorrendo alla sostanziale formulazione dei tratti, anche soggettivi, dell’offerta ed assumendo, in via solidale, la responsabilità per l’esatta esecuzione, ancorché la formalizzazione del contratto sia rimessa al consorzio, che è parte formale: cfr., ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 5/2021 cit.);

e) in tal caso (che è quello in cui si sussume la vicenda di specie) è necessario che le imprese designate possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei, limitati e specifici, casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione…”

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