L’esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, e anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanzasono atti “meramente confermativi” quegli atti che si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con una precedente determinazione; mancando detta riapertura e una conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. “provvedimenti di secondo grado”, essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivol’atto di conferma in senso proprio è quello adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, e pertanto connotato anche da una nuova motivazioneche è pertanto suscettibile di autonoma impugnazione

Cons. St., Sez. V, 20.03.2023, 2801

“…La disamina della doglianza richiede di precisare che la qualificazione degli atti amministrativi oggetto di giudizio spetta al giudice amministrativo (Cons. Stato, V, 3 agosto 2022, n. 6821; VI, 26 novembre 2021, n. 7913; V, 4 ottobre 2021, n. 6606), potere ufficioso che non è vincolato né dell’intitolazione dell’atto né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa (Cons. Stato, V, 5 giugno 2018, n. 3387), dovendo l’esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, e anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza, e inoltre neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (Cons. Stato, V, 28 agosto 2019, n. 5921; IV, 18 settembre 2012, n. 4942).

9.3. Va poi rammentata la distinzione tra atti “meramente confermativi” e atti “di conferma in senso proprio”.

Per la giurisprudenza, sono atti “meramente confermativi” quegli atti che si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con una precedente determinazione; mancando detta riapertura e una conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. “provvedimenti di secondo grado”, essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo (Cons. Stato, V, 3 agosto 2022, n. 6819; 4 ottobre 2021, n. 6606; 8 novembre 2019, n. 7655; 17 gennaio 2019, n. 432; III, 27 dicembre 2018, n. 7230; IV, 12 settembre 2018, n. 5341; VI, 10 settembre 2018, n. 5301; III, 8 giugno 2018, n. 3493; V, 10 aprile 2018, n. 2172; 27 novembre 2017, n. 5547; IV, 27 gennaio 2017, n. 357; 12 ottobre 2016, n. 4214; 29 febbraio 2016, n. 812). In pratica, l’atto meramente confermativo ricorre quando l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3867), connotandosi per la sola funzione di illustrare all’interessato che la questione è stata già valutata con precedente espressione provvedimentale di cui si opera un integrale richiamo. Si tratta di un sostanziale diniego di esercizio del riesame dell’affare, espressione di lata discrezionalità amministrativa, che lo rende privo di spessore provvedimentale, da cui, ordinariamente, la intrinseca insuscettibilità di una sua impugnazione (Cons. Stato, IV, 3 giugno 2021, n. 4237; 29 marzo 2021, n. 2622).

Di contro, l’atto di conferma in senso proprio è quello adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, e pertanto connotato anche da una nuova motivazione (C. Stato, V, nn. 6819/2022 e 6606/2021, cit.; VI, 13 luglio 2020, n. 4525; II, 24 giugno 2020, n. 4054; VI, 30 giugno 2017, n. 3207; IV, 12 ottobre 2016, n. 4214; 29 febbraio 2016, n. 812; 12 febbraio 2015, n. 758; 14 aprile 2014, n. 1805). Si tratta quindi della rivalutazione amministrativa degli interessi in gioco e di un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che è in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente, che è pertanto suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, V, n. 3867/2018, cit.)…”

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