Massima Sentenza
“…i provvedimenti prefettizi interdittivi possano essere adeguatamente motivati con riferimento a riscontri che danno vita a valutazioni che sono espressione di ampia discrezionalità e che non devono necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazioni malavitose (e, quindi, del condizionamento in atto dell’attività di impresa), ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergono sufficienti elementi di pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata…Il “tentativo di infiltrazione” deve essere, quindi, valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa…Il pericolo di infiltrazione mafiosa è, dunque, la probabilità che si verifichi l’evento secondo una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso…”
“…Il Collegio rileva come la misura sia stata adottata ai sensi degli artt. 84, 89-bis e 91 del Codice Antimafia, i quali non richiedono né la sussistenza di condanne, quale presupposto preclusivo al giudizio complessivo sugli altri indici-spia, né la necessità di altri provvedimenti del giudice penale (rinvio a giudizio, misure cautelari, misure di prevenzione) ai fini della complessiva valutazione sul grado di permeabilità della criminalità organizzata. Invero, il sistema della prevenzione – per come disciplinato dal Codice Antimafia – si presenta come “binario”, inducendo in via automatica da alcune categorie di reati il rischio di infiltrazione mafiosa e lasciando, invece, negli altri casi, al prudente apprezzamento dell’autorità prefettizia la valutazione “atipica” di una serie di elementi sintomatici elaborati dalla giurisprudenza. Invero, i presupposti per l’emanazione di un provvedimento interdittivo sono un catalogo aperto da cui l’Autorità può desumere gli indizi corroboranti il giudizio prognostico sotteso all’apprezzamento del rischio infiltrativo; quindi, la sussistenza di un provvedimento di condanna, ancorché non definitivo, non è presupposto tassativo, potendo essere doppiato e traguardato dalle altre situazioni sintomatico-presuntive di cui all’art. 84, comma 4°, del D.lgs. n. 159/2011 o dalla clausola aperta compendiata nei “concreti elementi” di cui all’art. 91, 6° comma, D.lgs. n. 159/2011.
Al riguardo, la giurisprudenza è da tempo consolidata nel ritenere che i provvedimenti prefettizi interdittivi possano essere adeguatamente motivati con riferimento a riscontri che danno vita a valutazioni che sono espressione di ampia discrezionalità e che non devono necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazioni malavitose (e, quindi, del condizionamento in atto dell'attività di impresa), ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergono sufficienti elementi di pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata (cfr. tra le tante: C.G.A. 14 maggio 2021, n. 431; Cons. Stato, sez. III 4 giugno 2021, n. 4293; 27 aprile 2021, n. 3379; T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. I, 19 gennaio 2018, n. 148 e 29 settembre 2017 n. 2258). Il “tentativo di infiltrazione” deve essere, quindi, valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (Cons. Stato, Ad. Plen. 6 aprile 2018, n. 3; Cons. Stato, Sez. III, 25 novembre 2021, n. 7890; 30 gennaio 2019, n. 758; 18 aprile 2018, n. 2343). Lo stesso legislatore, del resto, laddove fa riferimento (art. 84, comma 3°, D.lgs. n. 159 del 2011) agli “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” richiama nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori. Il pericolo di infiltrazione mafiosa è, dunque, la probabilità che si verifichi l'evento secondo una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un'ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso (cfr. in termini, tra le più recenti, Cons. Stato Sez. III, 6 settembre 2021, n. 6225 e 3 agosto 2021, n. 5734 con ampi richiami giurisprudenziali).
2.2 Venendo al caso di specie occorre rilevare che gli indici di permeabilità mafiosa individuati dal Prefetto attengono alla condotta del titolare dell’impresa individuale sig. -OMISSIS-, agli stretti legami familiari e di vita del medesimo con la famiglia -OMISSIS- ed ai legami tra l’impresa da lui esercitata e le altre imprese dei -OMISSIS- già raggiunte tra provvedimenti interdittivi amtimafia.
In merito occorre rilevare che assume particolare rilievo il fatto della sostanziale vicinanza tra il -OMISSIS- ed i membri della famiglia -OMISSIS- riconosciuti responsabili di condotte penali di tipo mafioso sia sotto il profilo personale che lavorativo.
Assume rilievo a tal fine non solo il legame matrimoniale con la figlia di -OMISSIS- -OMISSIS- ma anche il fatto che essi vivano nello stesso immobile, seppur in appartamenti diversi. Tale vicinanza assume rilievo in quanto è indice di un legame familiare molto forte che rende altamente probabile che la vicinanza parentale e fisica trasmodi nel pericolo che le condotte del -OMISSIS- si ispirino o siano condizionate dall’ambiente mafioso della famiglia -OMISSIS-.
A tale elemento, di per sé non sufficiente, si aggiunge che l’impresa del ricorrente e quelle della famiglia -OMISSIS- hanno la stessa sede sociale ed operano nello stesso settore. Anche se le relazioni economiche formali risultano scarse in quanto le fatture tra le imprese sono poche e datate, l’identità di sede è indice di un sistema economico a conduzione familiare molto coeso e quindi facilmente permeabile alle logiche mafiose che permeano esponenti di rilevo della famiglia. L’identità di sede comporta infatti la condivisione degli spazi, delle spese e quindi una vicinanza tra i titolari delle stesse che è indice sintomatico del pericolo del formarsi e rafforzarsi di una consorteria mafiosa.
Tali elementi di vicinanza fisica e lavorativa sono rafforzati dal fatto che il ricorrente nel passato ha avuto alle sue dipendenze persone condannate per gravi reati, a conferma del fatto che è organico ad un certo ambito di soggetti membri di consorterie della ‘ndrangheta site nella periferia milanese o comunque sussiste il grave rischio che lo diventi. Offrire lavoro anche per tempi ridotti ad esponenti del gruppo malavitoso significa infatti fornire un aiuto a tutta la consorteria e dimostrare la propria organicità al sistema.
Ne consegue che la valutazione della Prefettura in merito alla possibilità che la ditta del ricorrente, dopo i provvedimenti giudiziari che hanno colpito le altre ditte dei -OMISSIS- sottraendole al loro controllo, diventi lo strumento privilegiato per la continuazione degli affari della cosca non pare manifestamente irragionevole od in contrasto con il principio del “più probabile che non”….”