Massima Sentenza
“…l’effetto di queste norme è quello di vietare un ribasso per così dire “diretto” dei costi della manodopera (nel senso che la stima dei costi di manodopera richiesta in sede di formulazione dell’offerta economica non integra quest’ultima) e di consentire, attraverso l’indicazione di un costo inferiore (che può essere giustificato da una maggiore efficienza aziendale e/o dalla circostanza che il concorrente benefici di particolari agevolazioni etc. …), una sorta di ribasso “indiretto” da assoggettare a verifica… sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”…”
“… Non potrebbe in contrario ritenersi che l’ammontare complessivo offerto dovesse individuarsi nella somma dell’importo ribassabile al netto del ribasso offerto maggiorato degli oneri interferenziali e dei costi di manodopera stimati dal concorrente (cioè della somma indicata al punto c) del modulo offerta); l’indicazione nel modulo dell’offerta dei costi della manodopera da parte dei concorrenti, infatti, non ha la funzione di integrare un elemento dell’offerta (perché, se così fosse, sarebbe violata la norma che stabilisce che i costi della manodopera devono essere scorporati dall’ammontare a base d’asta e sarebbero oggetto di un ribasso diretto e non percentuale); l’indicazione in questione, non diversamente dall’indicazione dei costi interni per la sicurezza, ha invece la diversa funzione – confermata dal comma 9 dell’articolo 108 e dall’articolo 110 del d.lg. n. 36 citato – di assoggettare a verifica il concorrente che, nello stimare i propri costi della manodopera, abbia indicato un costo inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante in sede di determinazione dell’importo dell’appalto…
...in pratica, l’effetto di queste norme è quello di vietare un ribasso per così dire “diretto” dei costi della manodopera (nel senso che la stima dei costi di manodopera richiesta in sede di formulazione dell’offerta economica non integra quest’ultima) e di consentire, attraverso l’indicazione di un costo inferiore (che può essere giustificato da una maggiore efficienza aziendale e/o dalla circostanza che il concorrente benefici di particolari agevolazioni etc. …), una sorta di ribasso “indiretto” da assoggettare a verifica; in questo senso si è espressa la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui “sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l'operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l'esclusione dalla gara, ma l'assoggettamento della sua offerta alla verifica dell'anomalia: in quella sede l'operatore economico avrà l'onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d'impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell'operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l'importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l'obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell'anomalia” (Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9254)..."