Tra queste controversie vanno annoverate anche quelle aventi ad oggetto la risoluzione anticipata del contratto, autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a causa dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico del privato: anch’esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell’appaltatore alla prosecuzione del rapporto (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 10 gennaio 2019, n. 489).

TAR Lazio Roma, Sez. V, 28.11.2022, n. 15869

“…La condotta dell’Amministrazione, infatti, ha fatto immediato e diretto seguito all’inadempimento contrattuale di controparte rispetto a quanto pattuito in sede di transazione contrattuale (“Non sussiste [la giurisdizione amministrativa] allorquando si sia in presenza semplicemente di atti che […] rilevano quali atti impositivi di natura individuale, privi in sé (rispetto a tale profilo) di discrezionalità e che, ricollegandosi al contestuale rilascio del titolo concessorio, implicano un’attività meramente applicativa e consequenziale, in cui l’apprezzamento dell’amministrazione è solo di soggezione o meno al canone in funzione della relativa normativa, come ritenuta applicabile alla fattispecie” cfr. in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 2022, n. 4660).

Le parti, invero, al fine di risolvere bonariamente le controversie insorte fra di loro (le quali avevano anche dato luogo a contenziosi istaurati innanzi al Tribunale civile di Tivoli, come dichiarato in atti) hanno deciso di sottoscrivere un accordo transattivo che permettesse loro di proseguire nel rapporto contrattuale.

Le condotte seguite alla stipula del predetto accordo risultano, quindi, attengono all’esecuzione delle obbligazioni assunte con il contratto di transazione e la loro valutazione esula dal sindacato del giudice amministrativo, secondo i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, come definiti dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, in base ai quali sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo tutte e soltanto le controversie relative alla procedura di affidamento dell’appalto o concessione, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi.

Tra queste controversie vanno annoverate anche quelle aventi ad oggetto la risoluzione anticipata del contratto, autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a causa dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico del privato: anch’esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell’appaltatore alla prosecuzione del rapporto (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 10 gennaio 2019, n. 489).

Né può la forma assunta da un atto, peraltro unica e necessitata manifestazione della volontà di un organo amministrativo – nella specie una delibera consiliare – orientare ex se il riparto di giurisdizione, dovendosi aver riguardo alla sua sostanziale natura (cfr. “In materia di appalti, l’atto che, pur autoqualificandosi come revoca e richiamando le disposizioni che tale potere disciplinano, si fonda su una serie di inadempimenti delle obbligazioni scaturenti dal rapporto contrattuale instauratosi a seguito della disposta esecuzione in via d’urgenza, è privo di contenuto provvedimentale, quando, tenuto conto del suo contenuto sostanziale, esso non può dirsi frutto della spendita di potere pubblicistico, ma dell’esercizio del diritto potestativo di risolvere il contratto, spettante alla stazione appaltante ai sensi dell’art. 108, d.lgs. 50/2016, coinvolgendo non già violazioni di regole dell’azione amministrativa, bensì diritti soggettivi inerenti a un rapporto di natura privatistica, riservato alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario” (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 15 gennaio 2021, n.15).

Il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, nel caso di specie, è un provvedimento che dà attuazione ad una previsione contemplata nell’accordo transattivo (atto quest’ultimo di indiscussa matrice privatistica) ovvero di ratifica delle conseguenze che dall’inadempimento contrattuale derivano.

L’atto in questione si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto cui il regolamento contrattuale ricollega l’effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non già in una rinnovata ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato, ma nell’asserito inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 2 luglio 2021, n.7838)…”

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