Per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm.”; “una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda…l’istanza è stata infatti formulata nelle forme richieste dal Codice del processo amministrativo, e ai fini della sua ritualità è irrilevante sia che la società non abbia sino a ora proposto azione risarcitoria né comprovato la sussistenza di tutti i presupposti per la sua futura proponibilità ex art. 30 comma 5 Cod. proc. amm., presupposti peraltro che il Collegio non è chiamato a valutare neanche sommariamente, atteso che la pronunzia ex art. 34 comma 3, come sopra chiarito, si basa esclusivamente sull’accertamento che avrebbe dovuto svolgersi per l’esame del merito della domanda di annullamento.
Cons. St., Sez. V, 15.12.2022, n. 10971
“…Tuttavia a una tale conclusione si oppone l’istanza di cui alla memoria ex art. 73 Cod. proc. amm. presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 34 comma 3 Cod. proc. amm., norma che stabilisce che “Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.
10. Occorre quindi esaminare siffatta istanza, che per la resistente Provincia di Brescia è inammissibile e infondata, in quanto:
– la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha interpretato la norma nel senso di escludere che il giudice debba verificare a sussistenza dell’interesse a fini risarcitori sulla base di una generica indicazione di parte, sulla quale incombe l’onere di allegare compiutamente gli elementi idonei a comprovare i presupposti della successiva azione risarcitoria;
– la società non ha proposto né in primo grado né in appello azione risarcitoria conseguente alla illegittimità degli atti impugnati, e solo dopo l’autotutela ha notificato la memoria contenente l’istanza ex art. 34 comma 3 Cod. proc. amm., peraltro formulata in maniera del tutto generica, cioè senza comprovare i presupposti su cui fonderebbe una eventuale futura azione risarcitoria;
– anche gli asseriti danni, curriculare e da “disagio”, sono stati esposti in maniera generica, e in ogni caso sono insussistenti, il primo perché è stata la stessa società a rinunziare alla gara con la citata nota 6 marzo 2018, da cui l’escussione della polizza, sicchè l’Amministrazione non ha nessuna responsabilità o colpa né quanto al mancato inserimento dell’appalto in questione tra le proprie commesse né per avere trattenuto per qualche anno la polizza, in conformità a una giurisprudenza non pacifica, il secondo perché non sostenuto da alcun elemento di prova;
– del resto, la società non ha neanche interposto appello cautelare avverso la sentenza di primo grado;
– la stessa giurisprudenza amministrativa afferma che l’interesse ex art. 34 comma 3 altro non è che l’interesse all’accertamento della illegittimità degli atti impugnati, che sussiste solo quando non si debba escludere, già sulla scorta degli elementi del giudizio di annullamento, la sussistenza degli altri elementi costitutivi della fattispecie di illecito aquiliano.
In definitiva, la Provincia di Brescia sostiene la carenza di qualsivoglia presupposto utile a incardinare in futuro una legittima azione risarcitoria, da cui anche la carenza dei presupposti per ottenere la richiesta pronunzia ex art. 34 comma 3 Cod. proc. amm..
11. Le questioni interpretative relative all’art. 34 comma 3 Cod. proc. amm. sono state affrontate dalla recente decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 8 del 2022, resa sull’ordinanza di rimessione n. 945/2022, che ha posto varie questioni, qui di rilievo, sulle modalità con cui l’interesse al mero accertamento dell’illegittimità dell’atto contemplato dalla norma deve essere manifestato.
In particolare, l’Adunanza plenaria, rilevata l’esistenza in relazione alla questione deferita di due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, il primo che reputa sufficiente “la sola deduzione dell’interessato di voler proporre in un futuro giudizio la domanda risarcitoria”, il secondo che richiede che l’interessato alleghi i “presupposti della successiva domanda risarcitoria”, o quanto meno “comprovi sulla base di elementi concreti il danno ingiustamente subito”, ha condiviso il primo indirizzo circa la sufficienza della dichiarazione dell’interessato a che sia accertata l’illegittimità dell’atto impugnato in vista della futura azione risarcitoria. Tanto sulla base di varie norme del Codice del processo amministrativo e segnatamente: dell’art. 30 comma 5, secondo cui nel giudizio di annullamento “la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”; dell’art. 35 comma 1 lett. c), che prevede l’improcedibilità del ricorso “quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione”, soggetta non solo all’eccezione di parte ma anche al rilievo ufficioso del giudice; dell’art. 104 comma 1, che nell’enunciare il c.d. divieto dei nova in appello, precisa che resta “fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3”.
Segnatamente, l’Adunanza plenaria ha riconosciuto, per quanto qui di particolare interesse:
a) che l’istituto previsto dall’art. 34 comma 3 Cod. proc. amm. si colloca nella consolidata linea giurisprudenziale secondo cui, al di fuori dei casi in cui la sopravvenuta carenza di interesse è dichiarata dallo stesso ricorrente, l’inutilità per lo stesso di una decisione di merito è ipotesi che va accertata con particolare rigore ed è ravvisabile solo in presenza di un radicale mutamento della situazione di fatto o di diritto esistente al momento della proposizione del ricorso (da ultimo, Cons. Stato, II, 2 febbraio 2022, n. 711; 6 aprile 2021, n. 2752; III, 16 novembre 2020, n. 7082; IV, 30 marzo 2021, n. 2669; 21 maggio 2019, n. 3234; V, 17 maggio 2022, n. 3908; 29 dicembre 2021, n. 8702; 13 ottobre 2021, n. 6874; VI, 6 aprile 2022, n. 2552; 30 agosto 2021, n. 6101; 31 maggio 2021, n. 4169; VII, 16 febbraio 2022, n. 1155; in termini maggiormente restrittivi, III, 15 aprile 2021, n. 3086). Ciò in quanto nell’attuale sistema evoluto di tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, in cui alla tradizionale azione di annullamento si affianca con pari dignità l’azione risarcitoria, l’accertamento di illegittimità ai fini risarcitori previsto dalla disposizione risponde alla stessa esigenza sulla cui base era stato ristretto l’ambito di applicazione dell’improcedibilità del ricorso, consistente nel conservare un’utilità alla decisione di merito sulla domanda di annullamento, pur a fronte di un mutamento della situazione di fatto e di diritto rispetto all’epoca in cui la stessa è stata azionata;
b) che la condizione necessaria e sufficiente affinchè sorga l’obbligo per il giudice di accertare l’eventuale illegittimità dell’atto impugnato ai sensi della norma in commento è la dichiarazione di interesse manifestata dalla parte nelle forme e nei termini previsti, anche ai fini della regolarità del contraddittorio, dall’art. 73 Cod. proc. amm., non occorrendo a questo scopo né che siano esposti i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno che questa sia in concreto proposta: l’accertamento ex art. 34 comma 3 va infatti coordinato con la disciplina processuale dell’azione di risarcimento contenuta nel Codice del processo amministrativo, e in particolare con il citato art. 30 comma 5, che consente di proporre la domanda risarcitoria “nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”, in forza del quale è possibile promuovere giudizi in successione per ottenere quella “tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo” che l’art. 1 Cod. proc. amm. enuncia quale principio fondamentale della giurisdizione amministrativa;
c) che la predetta dichiarazione di interesse – che refluisce nella modifica, in senso riduttivo quanto al petitum immediato, della domanda di annullamento originariamente proposta, secondo il principio della c.d. emendatio della domanda, non violativa in quanto tale dell’art. 104 comma 1 Cod. proc. amm. – mira a provocare una pronuncia che, seppur non modificativa della realtà giuridica come invece quella demolitoria di annullamento, verte comunque su un antecedente logico-giuridico dell’azione risarcitoria, per la quale è conseguentemente predicabile l’attitudine a divenire cosa giudicata in senso sostanziale ai sensi dell’art. 2909 Cod. civ., e si basa sull’identico accertamento che il giudice avrebbe dovuto svolgere nell’esaminare il merito della domanda di annullamento, con la sola differenza che, in caso positivo, tale accertamento non sostanzia il presupposto per la pronuncia costitutiva di annullamento dell’atto impugnato, ma esaurisce il contenuto della pronuncia (di mero accertamento) con cui il giudizio è definito.
In definitiva, l’Adunanza plenaria in commento ha affermato i seguenti principi di diritto: “per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm.”; “una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda”.
12. Applicando al caso di specie i principi di diritto di cui si è appena fatta ricognizione, le eccezioni spiegate dalla Provincia di Brescia avverso l’istanza presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 34 comma 3 Cod. proc. amm. sulla base di un indirizzo giurisprudenziale non confermato dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 8 del 2022 non sono meritevoli di favorevole considerazione: l’istanza è stata infatti formulata nelle forme richieste dal Codice del processo amministrativo, e ai fini della sua ritualità è irrilevante sia che la società non abbia sino a ora proposto azione risarcitoria né comprovato la sussistenza di tutti i presupposti per la sua futura proponibilità ex art. 30 comma 5 Cod. proc. amm., presupposti peraltro che il Collegio non è chiamato a valutare neanche sommariamente, atteso che la pronunzia ex art. 34 comma 3, come sopra chiarito, si basa esclusivamente sull’accertamento che avrebbe dovuto svolgersi per l’esame del merito della domanda di annullamento….”