Massima Sentenza
“…nelle gare pubbliche, le FAQ (Frequently Asked Questions), ovvero i chiarimenti in ordine alla valenza delle clausole della legge di gara fornite dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte, “non costituiscono un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta di interpretazione autentica, con cui l’amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis” … sicché esse, per quanto non vincolanti, orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent…sicché le faq, i chiarimenti, proprio perché provengono da fonte autorevole, ossia la pubblica amministrazione, la cui attività è generalmente sorretta dal principio di presunzione di legittimità (Consiglio di Stato, sez. IV, 26/8/2024, n. 7236), non possono essere considerati tamquam non essent e orientano inevitabilmente gli operatori economici. L’offerta in risposta all’invito ad offrire della stazione appaltante è risultata falsata a causa dell’azione (l’informazione non corretta) dell’Amministrazione stessa ed ha determinato, in concreto, la formulazione di un’offerta valida (non era in gioco l’ammissibilità alla gara, ma una premialità) ma formulata a condizioni diverse (analogamente a quanto accade nel dolo incidente disciplinato dall’art. 1440 c.c. e nei c.d. “vizi incompleti della volontà”, ricondotti dalla moderna dottrina e dalla giurisprudenza alla responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. e, più in generale, alla responsabilità da contratto valido; seppur nella specie, occorre sottolineare, sia ravvisabile mera colpa).
“…Quanto alla domanda di danno basata sul secondo titolo dedotto (quarto motivo del ricorso principale), ossia sulla violazione del canone di buona fede, la stessa è fondata, nei termini seguenti.
E’ stato affermato che “nelle gare pubbliche, le FAQ (Frequently Asked Questions), ovvero i chiarimenti in ordine alla valenza delle clausole della legge di gara fornite dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte, "non costituiscono un'indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta di interpretazione autentica, con cui l'amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis" (Cons. Stato, V, 2 marzo 2022, n. 1486; III, 22 gennaio 2014, n. 290; IV, 21 gennaio 2013, n. 341), sicché esse, per quanto non vincolanti, orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent”, (Consiglio di Stato, Sez. V, 3/4/2023, n. 3434).
Nella specie il chiarimento fornito al di fuori della serie procedimentale vera e propria attinente alla gara, ed errato, è stato colposamente di segno diametralmente opposto rispetto alle decisioni prese nella serie procedimentale di gara, corrette.
Il chiarimento fornito collide con la novità introdotta nel nuovo codice in tema di avvalimento premiale e denota elementi di colpa, dato che sarebbe stato sufficiente indicare l’art. 104 cod. app, quale fonte di disciplina e base per la risposta al quesito.
Sussiste, quindi, l’elemento psicologico richiesto dalla responsabilità aquiliana, così come sussiste il danno evento, consistente nell’adesione a tale chiarimento e nella mancata attivazione dell’avvalimento da parte della ricorrente principale.
Sussiste anche il danno conseguenza, dato dalla perdita della chance di aggiudicazione, che deve ritenersi seria, dato che la ricorrente principale ha dichiarato incontestatamente che in precedenti gare è ricorsa a tale tipo di avvalimento (cfr. doc. n. 13 allegato al ricorso) e può ritenersi molto probabile che avrebbe potuto ricorrervi anche per la gara in rilievo.
Sussiste, infine, anche il nesso eziologico, poiché le faq, i chiarimenti, proprio perché provengono da fonte autorevole, ossia la pubblica amministrazione, la cui attività è generalmente sorretta dal principio di presunzione di legittimità (Consiglio di Stato, sez. IV, 26/8/2024, n. 7236), non possono essere considerati tamquam non essent e orientano inevitabilmente gli operatori economici.
L’offerta in risposta all’invito ad offrire della stazione appaltante è risultata falsata a causa dell’azione (l’informazione non corretta) dell’Amministrazione stessa ed ha determinato, in concreto, la formulazione di un’offerta valida (non era in gioco l’ammissibilità alla gara, ma una premialità) ma formulata a condizioni diverse (analogamente a quanto accade nel dolo incidente disciplinato dall’art. 1440 c.c. e nei c.d. “vizi incompleti della volontà”, ricondotti dalla moderna dottrina e dalla giurisprudenza alla responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. e, più in generale, alla responsabilità da contratto valido; seppur nella specie, occorre sottolineare, sia ravvisabile mera colpa).
In merito al quantum di danno, se è pur vero che in genere il danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale è dato dall’interesse negativo e non da quello positivo derivante dall’esecuzione del contratto e, quindi, non dovrebbe essere parametrato all’utile, è anche vero che il lucro cessante, compreso in tale interesse negativo, è da intendersi come mancato guadagno rispetto ad eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto (cfr. ad es. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 11/10/2021, n. 6397).
Nella specie, parte ricorrente non lamenta la illegittima esclusione, ma di aver perso un’occasione di guadagno nell’ambito della procedura in cui la stessa è stata ammessa, ma in cui non è risultata aggiudicataria (rectius, non ha potuto gareggiare ad armi pari e concorrere all’aggiudicazione, che avrebbe avuto serie probabilità di conseguire) a causa di un atto della stessa stazione appaltante.
Il mancato guadagno derivante da eventuali altre occasioni di contratto è, qui, nella stessa procedura in rilievo, perché una risposta della p.a. al quesito inviato, coerente con l’operato poi posto in essere nella procedura, avrebbe potuto portare parte ricorrente principale al conseguimento del contratto.
Con la precisazione che è qui in gioco un’offerta, seguente un invito ad offrire, e non un contratto, può condividersi che “in conformità a indirizzo da tempo affermatosi nella giurisprudenza, in ipotesi di dolo incidente ex art. 1440 cod. civ., va riconosciuta la risarcibilità di danni ulteriori rispetto al minor vantaggio o al maggior aggravio economico prodotto dal comportamento truffaldino e segnatamente dei danni correlati alla lesione dell’interesse positivo sottostante al contratto. Come efficacemente evidenziato dalla citata Cass. n. 19024 del 2005, «quando, come nell’ipotesi prefigurata dall’art. 1440 c.c., il danno derivi da un contratto valido ed efficace ma “sconveniente”, il risarcimento, pur non potendo essere commisurato al pregiudizio derivante dalla mancata esecuzione del contratto posto in essere …, non può neppure essere determinato … avendo riguardo all’interesse della parte vittima del comportamento doloso (o, comunque, non conforme a buona fede) a non essere coinvolta nelle trattative, per la decisiva ragione che, in questo caso, il contratto è stato validamente concluso, sia pure a condizioni diverse da quelle alle quali esso sarebbe stato stipulato senza l’interferenza del comportamento scorretto, (Cassazione civile sez. III, 29/2/2024, n. 5380).
Nel caso che occupa il Collegio, se la proposta fosse stata formulata a seguito di corretta informazione, molto probabilmente parte ricorrente principale avrebbe conseguito la commessa e avrebbe realizzato il relativo utile. Il danno deve essere, pertanto, commisurato all’utile che avrebbe incamerato eseguendo il contratto. Trattandosi, però, di perdita di chance ed essendo stata, come visto, molto elevata la probabilità di aggiudicazione, non dovrà prendersi a riferimento il 100%, bensì, secondo una decurtazione ritenuta congrua al caso di specie, il 90% di tale utile.
Ritiene, ancora, il Collegio che la vicenda in esame abbia due peculiarità che debbano trovare emersione nella quantificazione del danno.
Da un lato il bando in tema di avvalimento richiamava l’art. 104 cod. app. (quindi anche il suo ultimo comma) e disciplinava espressamente l’avvalimento finalizzato a migliorare l’offerta.
La certificazione della parità di genere era finalizzata a migliorare l’offerta, quindi, non sarebbero dovuti sorgere dubbi in merito alla possibilità di ricorrere all’avvalimento per tale certificazione.
Purtuttavia parte ricorrente ha formulato il quesito.
Dall’altro, la risposta a tale quesito, è stata di senso contrario alla disciplina, sia codicistica, sia della lex specialis.
Dunque la p.a. ha fornito un chiarimento non corretto, ma sono ravvisabili elementi di colpevolezza anche in capo a parte ricorrente principale, la quale ha posto un quesito che, in primo luogo, nessuno degli altri ricorrenti ha ritenuto di porre e, in secondo luogo, che non era nemmeno ragionevole porre, alla luce delle previsioni del bando e del nuovo codice degli appalti in tema di avvalimento premiale “puro”. Dimodoché, ai sensi dell’art. 1227 c. 1 c.c. il risarcimento dovrà essere decurtato di una percentuale che il Collegio reputa equo fissare nel 30%.